23 giugno 2006

L'inferno

L’inferno?
L’inferno è così. È rannicchiato in fondo alla cantina, lontano dalla botola soffocante, fra zucche e tinozze di mele. È l’odore di una foresta di eucalipti che si solleva nel cielo e i corpi dei canguri e degli opossum che tornano alla terra come carbonio e l’odore della cottira che precipita nella penombra in questo modo. Gli alberi che esplodono come bombe nella luce e il calderone che bolle e scoppietta. L’inferno è avere sei anni e domandarsi perche sei sola nel buio e nessun altro sia ancora sceso giù. È il rumore del tuo stesso respiro, il puzzo salmastro delle tue mutandine, il modo in cui si sono riscaldate le pareti, le crepe fiammeggianti, le grida come se stessero cavando mille chiodi, i rumori martellanti e asfissianti, i ratti presi dal panico che si scagliano contro gli oggetti. L’inferno è quello stato di trance con il respiro corto in cui sprofondi, il silenzio che non smette finché non trabocca fuori di te, e si riversa sul mondo. L’inferno è quando del mondo di nuovo cominci a sentire i suoni ma nulla dentro di te, le voci degli uomini spingono la tua voce ad urlare così forsennatamente che la luce precipita nella cantina con un grumo di cenere e di carbone e il sapore bruciato dell’aria. L’inferno è quando ti trascinano fuori, davanti alle ossa nere e alle fibbie delle cinture che sono gli altri che mai vennero giù, fuori sulla polverosa terra bianca sotto il cielo verde come la bile e vorticante di vapori. L’inferno è il volto di tuo padre segnato dal viaggio per arrivarci, la sua espressione contratta, la percezione dei fatti. L’inferno. Non ci rimani che tu e non stai dormendo.
(…)
Oh, sì, sì, l’inferno esisteva, e di inferni ce n’erano in abbondanza; e se invece il paradiso non fosse esistito, allora c’era tutto questo, gli addormentati, gli indifesi, coloro che erano tuoi. Lei era una peccatrice, lo sapeva, e anche orgogliosa, e arrabbiata con Dio al punto da odiarlo, ma sapeva di essersi costruita una fortezza, per sé e per chiunque altro vi avesse cercato rifugio, e questo era buono, degni di inestimabile valore.



Da Cloudstreet di Tim Witon, Fazi Editore 2003 Pag 202-4