Un giorno senza parole, ma carico di pensieri da week end, un bagaglio di pensieri di due giorni e tre notti.
Andare in motorino concilia questo flusso di elaborazione mentale. Venerdì sera: lavoro concitato, pausa di relax … e via, di nuovo verso quell’universo che è il mio lavoro ma in versione “aperta al pubblico” di svago serale. Sono 15 anni oramai che tutte le estati mi ritrovo in quest’ambiente. Ci sono persone che come me, e più di me, resistono, sempre presenti, di anno in anno e c’è chi non c’è più… altri lidi, altri universi. Qualcuno mi manca. Qualcuno aveva un ruolo importante per me. Conoscenti, amici, compagni. Qualcuno sopra a tutti. Lei che mi è stata vicino per molto, riferimento da emulare. Potrei anche ricercarla?! Pensiero scivolato lungo la strada verso casa… appunto, casa, la mia, la nostra allora. Inutile ripeterlo, mi manca, mi manca quel senso di forza che da l’essere in due, una coppia appunto. Da lì, il passo è immediato alla topica domanda, ma cos’è l’amore, è forse questa forza, questa complicità che si crea tra due persone che condividono molte cose insieme? La strada procede e il pensiero rimane a girare su una delle nuove rotonde… a casa fisso due parole sulla carta che per il tono accorato rimangono tra la carta. Entro a letto, il mio. Penso di non essere più in grado di dividerlo, di compromettere la libertà, l’appagamento e il rifugio che mi infonde. Apro il libro, l’ultimo acquisto. Prologo accattivante, domanda ricorrente: “è forse questo l’amore?”. Il libro per me, adesso. Sorrido. Dormo. Sogno gli ultimi pensieri della sera.
Sabato, sveglia naturale. Quale strano incantesimo!? Mai successo.. il caldo. Tiro su il rotolante e godo un po’ di quell’aria fresca della mattina, a testa in giù . 9.00 partenza, prima sbrigo le commissioni e prima torno alla mia vita. Lungo la strada negozi, saldi. Niente da comprare. Maleficio, non incantesimo. Pranzo dai miei. Mi piace sentirmi in famiglia, tampono il randagismo dell’estate. Casa, la mia. Pulizie, minime, relax, il libro. La serata è randagia, al Blues. Appuntamento annuale, impedibile ma oramai uguale a sé stesso. Rinnovato da una splendida conversazione, abbiamo messo nel piatto e nei bicchieri quello che pensavamo l’una dell’altra confrontando e tentando di leggere le nostre interpretazione. Serata semplice e splendida proprio per questo. Il tema che ne uscito lo devo ancora elaborare. È molto forte e ancora per me oscuro. Io e la penna rossa, io e gli errori. Il vino era ottimo.
Domenica. Stesso rito della sveglia, a testa in giù. Il vino bianco s’è aggiunto al caldo, ma non ha più l’effetto devastante delle altre domeniche, accetto di buon grado di essere in piedi entro le 10. Pulizie già fatte, passo al ludico. Studio il viaggio. Prima tappa. Storia della regione, la geografia, demografia… le 13,00. Telefono: “mamma è pronto?”. Che bello, non può più dire questa casa non è un albergo, la domenica sono ospite. Mi piace il pranzo della domenica. Constatato che le ore di sonno non sono state sufficienti. Al volo due ore di sole. Quel vestito mi stava proprio male bianca così. Un’ora di lettura, quel libro mi piace da morire. 8 cm di costola. Promette bene. Doccia, vestizione… orecchini?! Dove sono?! Ahhh ho perso gli orecchini comprati ad Istanbul! ˜≤@åbbèqojèà. Cena in compagnia, 30 persone, casa in campagna. Un po’ di distanza iniziale, conosco a mala pena 4 persone. Il clima si scioglie, un po’. 00.00. La zucca è chiusa da due auto, botta avanti, indietro.. verso casa, Sethu, Radha e Cris, m’aspettano.
Qualche parola, non ancora quelle giuste.