Arrivi alla tua postazione, e almeno stamani, hai tutto, sei presentabile. Poi gli appuntamenti ti portano lontano e ti fanno riassaporare quel gusto del produrre, del creare, del dare corpo alle tue idee. Un’emozione fantastica, ogni tanto si rinnova e ritorna quel dolce sapore del tuo lavoro che ti piace. Un lavoro che è parte della tua vita, nel bene e nel male, con le sue soddisfazioni e i suoi vuoti di apatia. Arriva il pranzo e la famiglia. Quel tepore del desco condiviso, che dolcezza. Poi riparti sempre di corsa, sempre in ritardo, per confrontarti con chi ti da’ misura, e ti sembra di spuntarla, di avere un feeling nuovo. Ma magari sei solo tu, che con questo “stato di grazia”, ti condizioni la vita. Già, è a sorridere che il mondo ti sorride, in quanti lo predicano? Ma fino a che non lo provi, non te ne capaciti.
Il sole è ancora alto e ti ritrovi ancora lì al tuo posto e alle tue emozioni, che scorrono senza freni, e ti riconfermano quella bella smorfia del tuo sorriso che ti buca la guancia, una sola. C’é.
…E ancora di corsa, veloce, prendi la prima maglietta a righe, non c’è tempo di cercare il bianco! Ti ritrovi per strade di campagna a sperare di fare prima, quando arrivi, la chiave è nella porta, ti aspettavano. Tutto finisce, tutto si placa, per quell’oretta di pratica, il precedente mondo è annientato. Sei tu, per te. Basta.
Ma non c’è tempo, riparti, ancora di corsa… casa tua ti vede a saltelli, ma c’è abituata, crollerebbe il tetto altrimenti. Volano un paio di scarpe e rindossi le altre, nuova abito a questo monaco …e via, via di nuovo.
Chiacchere, sigarette e chiacchere, dolori, delusioni, gioie e passioni. Che dolcezza le confidenze. E poi la tavola, il cibo, il vino, religiosamente selezionato tra le tue recenti voglie. Quel Dolcetto che non c’era a Mantova è per te a Pistoia. E ancora chiacchere, riflessioni, esperienze di vita e affetto. Affetto a fette come il pane, consumato, masticato e digerito. Un carboidrato che ti lascia l’energia giusta per affrontare il mondo.
Si riparte ancora, con un sorriso, un abbraccio e un po’ di stanchezza. Lungo la strada le luci di un’ambulanza, un insospettabile, assurdo, inaffidabile, presentimento. È da lì capisci molto, da quell’assurda preoccupazione, capisci che il tuo muro di cinismo è definitivamente crollato, che sei pronta a preoccuparti per poco. Non c’è più spazio per quel naturale e spontaneo cinismo che ti difendeva dal dolore. Ma è un sentimento che non si debella, rimane in te, come un tarlo, pronto a rosicare i tuoi puntelli e tornare alla trave principale non appena ti scordi una volta l’antitarme.
Per voi, stasera, ne canta il suo massimo poeta, lui con quella voce roca, che ti entra sotto pelle e percorre la colonna vertebrale.
"ma c'è una vita sola non ne sprechiamo niente in tributi alla gente o al sogno
… ed ogni sera è diversa e quasi non ti accorgi dell’energia dispersa…"
E suona ancora, e ancora per te e questa mezza luna, che galleggia nel cielo nero a pancia in su.
Ti frulla in testa una canzone che non suona, non è compresa per questa hit parade di pilotata malinconia.
" Vorrei conoscere l’odore del tuo paese, camminare di casa nel tuo giardino… Vorrei che tutti gli anziani mi salutassero, parlando con me del tempo e dei giorni andati… e lo vorrei perché non sono quando non ci sei, e resto solo con i pensieri miei…"
Tuona di nuovo la sua voce, in un delirio di franchezza, miscelata alla speranza di un amore. Ci lasciamo andare al ritornello. Una gioia bilanciata e malinconica. La gioia di Cyrano e del suo amore per Rossana. La gioia della forza delle parole e d’idee che non si conformano con l’ipocrisia. La gioia di essere incompresi quando si è dalla parte del giusto. Del romanticismo che contrasta una troppo schietta realtà.
"Venite pure avanti, voi con il naso corto, signori imbellettati, io più non vi sopporto, infilerò la penna ben dentro al vostro orgoglio perchè con questa spada vi uccido quando voglio.
(…)
Io sono solo un povero cadetto di Guascogna, però non la sopporto la gente che non sogna. Gli orpelli? L'arrivismo? All'amo non abbocco e al fin della licenza io non perdono e tocco, io non perdono, non perdono e tocco!
(…)
Non me ne frega niente se anch'io sono sbagliato, spiacere è il mio piacere, io amo essere odiato; coi furbi e i prepotenti da sempre mi balocco e al fin della licenza io non perdono e tocco, io non perdono, non perdono e tocco!
Ma quando sono solo, con questo naso al piede, che almeno di mezz' ora da sempre mi precede, si spegne la mia rabbia e ricordo con dolore, che a me è quasi proibito il sogno di un amore; non so quante ne ho amate, non so quante ne ho avute, per colpa o per destino le donne le ho perdute e quando sento il peso d'essere sempre solo mi chiudo in casa e scrivo e scrivendo mi consolo, ma dentro di me sento che il grande amore esiste, amo senza peccato, amo, ma sono triste, perchè Rossana è bella, siamo così diversi, a parlarle non riesco: le parlerò coi versi, le parlerò coi versi...
Venite gente vuota, facciamola finita, voi preti che vendete a tutti un' altra vita;
se c'è, come voi dite, un Dio nell' infinito, guardatevi nel cuore, l' avete già tradito e voi materialisti, col vostro chiodo fisso, che Dio è morto e l' uomo è solo in questo abisso, le verità cercate per terra, da maiali, tenetevi le ghiande, lasciatemi le ali; tornate a casa nani, levatevi davanti, per la mia rabbia enorme mi servono giganti. Ai dogmi e ai pregiudizi da sempre non abbocco e al fin della licenza io non perdono e tocco, io non perdono, non perdono e tocco!
Io tocco i miei nemici col naso e con la spada, ma in questa vita oggi non trovo più la strada. Non voglio rassegnarmi ad essere cattivo, tu sola puoi salvarmi, tu sola e te lo scrivo: dev'esserci, lo sento, in terra o in cielo un posto dove non soffriremo e tutto sarà giusto. Non ridere, ti prego, di queste mie parole, io sono solo un'ombra e tu, Rossana, il sole, ma tu, lo so, non ridi, dolcissima signora ed io non mi nascondo sotto la tua dimora perchè oramai lo sento, non ho sofferto invano, se mi ami come sono, per sempre tuo, per sempre tuo, per sempre tuo...Cirano"
Si placa anche la sua voce, ma la strada corre o correrebbe se io fossi al volante. I brividi della velocità, adrenalina gratis. Tutto capitola, la serata si chiude al cospetto della luna in panciolle, di un gatto che porta a passeggio il padrone e il rumore dei miei tacchi sul vialetto di casa.