31 agosto 2006

UN FILO D'INDIA. Ritmo di vacanza a Ranakpur.

6 agosto 2006. Giornata di vacanza tipo. Adoro vivere così.
Sveglia regolare 8.15. Suona la sveglia ma qualcuno la spenge, piano piano la camera riaquista vita. Il lago è sempre lì. Allora sono in India davvero?! Mi tiro su, mi stiracchio e faccio un po’ di yoga dal letto.. caspita sono in India?! inizia anche qualche parola flebile, qualche buon giorno, poi tutto riprende. Ho dormito sodo, sono riposata. A sentire Tiziana ho anche parlato stanotte, meno male che le avevo avvertite. Sembra però che non ho urlato. Dice che nel sonno mi chiedevo “Sonia?! Sonia allora che vuoi fare?!” Indecisa anche mentre dormo. Comunque devo aver preso sonno bene e subito confidenza a dormire nel letto anche se King con un’estranea. Evviva l’India!
Colazione continentale ore 9.00. non male, yogurt anche se un pò acquoso… speriamo bene, pane tostato, marmellata e tanto caffè, nescafé, dolce e lunghissimo. Come tutte le volte in vacanza i primi giorni apprezzo la tinozza di caffè acquoso, mi accompagna le ingenti cibarie della colazione, mi permette di sorseggiarlo a lungo, più tazze… poi incomincia a mancarmi la caffeina e devo sopperire, coca cola o sigarette?
Partenza 9.30. Prima visita della giornata, i giardini di Sahelio ki Bari, ovvero il giardino delle dame del Raja di Udaipur, mogli figlie ecc. quelle ufficiali per intendersi. é in manutenzione, c’é sacco di gente che lavora, interra, trasporta roba, bambini e giovani, uomini e donne, due ciuchi in aiuto. Ho visto il mio primo fiore di loto , uno solo purtroppo. Seguo Vikram, il ragazzo che ci ha fatto da guida in città, come uno scolaro la maestra al primo giorno di scuola e arrivata alla vasca l’ho guardato in modo interrogativo, senza dire niente la mia faccia deve aver chiesto il loto perché lui senza nessuna parola me lo ha indicato. Devo fare delle facce avvolte?! Da qui siamo ripartiti per la seconda meta. La strada pullula di vita, banchi di frutta lungo la strada, spesso stuoie in terra con pile ben montate di frutta lucida e colorata. Ho individuato delle sfere verdi acceso che non conosco, sembrano essere degli agrumi tipo enormi mandarini verdi. Chiedo. Sembra siano mango, ma non quello dolce, quello aspro. Vedremo.

Seconda tappa della giornata è il tempio induista di Eklingij, poco fuori la città. La strada per arrivarci non è stata una passeggiata, ho addirittura visto un autobus, che penso di linea, gremito di gente, ribaltato lungo la strada. Lo dico io che guidano da pazzi! Mi sono guardata bene dal farlo vedere agl’altri. Mi sono sistemata in fondo all’autobus, come i discoli delle gite scolastiche. Ma senti, se c’è posto, una sana dormita nel momento del bisogno non me la leva nessuno. Mica mi hanno soprannominato la “dorminente” a caso lo scorso anno in Turchia!
Si varca un architrave in pietra piantonato da una guardia e si perde la dimensione di strada e del grigio paese che rimane fuori. Dentro vive un cortile in pietra chiara pulsante di colori. In un angolo, prosegue il percorso arginato da fiori, donne e ghirlande, petali e colori. Una gioia per gli occhi… e poi la morettina sa di essere bellissima e amplifica coscientemente la bellezza del quadro. Scatto e riscatto. È un complesso dal sapore di villaggio, una decina di piccoli tempi e l’edificio principale consacrato a Shiva. Entriamo, giriamo attorno alla sala circolare voltata, passiamo davanti alla cella contenente uno Shiva nero dal quadruplice volto, lasciamo l’offerta, benedizione, qualche minuto a sedere al centro. Lì accanto una persona sta pestando ocn un mortaio qualcosa, "cos'è?", "la bevanda più sublime... succo di mariuana", ahhh! Usciamo, facciamo il giro 108 cellette/cappelle. Dentro ogni cappella, un lingam e uno yoni, simbolo fallico e del femminile dal quale tutto nasce. Mi piace questa religione alla fine riconduce tutto ad una sorta di amore “amor che muove il sole e le altre stelle”.

Terza tappa: Ranakpur, tempio di Adinath, la nostra prima visita ad un tempio jaina e guarda caso partiamo proprio dal più imponente! Scendiamo dall’autobus e siamo accolti da una famigliola di scimmie… occhio le scimmie sono dispettose! Evitiamo graffi e ci incamminiamo verso quest’imponente edificio. Un blocco di pietra bianca con pinnacoli tipo i castelli di sabbia dei bambini, stagliato su un prato verde. Indiscusso e imperturbabile. Toilettati e debitamente coperti, scalzati, saliamo le scale e ci facciamo inghiottire da questo cesello di marmo avorio. Impressionante, massiccio fuori e tenero e intarsiato dentro. Decine di sale e volte, colonne intarsiate e capitelli cesellati da motivi diversi. Un enorme open space di brulicante decorazione. Ci perdiamo e passiamo piacevoli ore all’interno, appollaiati sul fresco marmo candido. Lezioncina sul jainismo che a questo punto c’incuriosisce eccome! Io riporto quello che m’è rimasto, pardon!
È una religione recente, diffusa contemporaneamente al buddismo in un momento di calo dell’induismo, attorno al 500 a.C. Ateista in quanto non riconosce una divinità suprema che regge le sorti dell’universo, ma individua 12 Tirthankara, uomini liberati che hanno sciolto il ciclo reincarnazione “samsara” e hanno ottenuto la liberazione “mokca” (qualcuno mi fermi se scrivo cazzate!!). Molto in comune con l’induismo quindi, come anche il riconoscimento di numerose divinità. La liberazione del karma si cerca mediante 5 voti “vrata” comuni a monaci e laici: non violenza “aimsa”, sincerità, divieto di appropriarsi dei beni altri eccetto in caso di dono, castità e non attaccamento ai beni materiali. Tosti no?! Mi ricordo che sulla guida mi aveva incuriosito un sacco un fatto, i jaim sono ricchissimi, la gente si fida talmente tanto di loro che gli metter in mano interi capitali! Seguono a tal punto questi precetti, che indossano delle mascherine da chirurgo per non ingerire casualmente insetti e spazzano in continuazione i tempi che sono conseguentemente pulitissimi. C’è addirittura una setta che gira nuda, “vestiti di aria”. Si parla di 4 milione di jainisti in tutta l’India, quindi 4: 1.100 come… È curioso come ci guarda la gente, con malizia, le donne si coprono il volto e ti sorridono.
Sulla strada del ritorno ci fermiamo ad un altro sito, archeologico stavolta, perché il tempio è senza idolo. Pietra ambrata, quasi tufosa. Impianto rialzato su un alto basamento, due edifici affiancati. Bello ma devo dire la verità un albero di mango E N O R M E gli rubava la scena. La chioma copriva ad ombrello una superfice impressionante, mai visto. Per la prima volta in vita mia ho avuto voglia di salire su un albero. Non l’ho fatto, tranquilli!
Oramai alle 17, concluso il nostro percorso di visite pranziamo a banane comprate lungo la strada. Mi piace. Prima il dovere, ovvero vedere e conoscere questo interessante Paese universo, poi il piacere, nutrirsi! A dire il vero ero talmente impegnata a tenere aperti tutti i sensi che non ho sentito nemmeno fame e poi sai quanto potrei andare avanti senza pranzare… Fermata di shopping e poi di nuovo a cena in terrazza sul lago, mossa vincente non si cambia! Al rientro in albergo, allo shop aperto che vende un po’ di tutto, su consiglio di Vikram ho comprato le birk’s, quelle sigarette nella foglia infumabili, buff! Per fortuna le camel sono internazionali.