06 novembre 2006

La bambina con la valigia

Questi giorni d’esodo, il 4 novembre, mi hanno fatto pensare a quante volte ho fatto la valigia e sono entrata o uscita di casa.

La prima volta, degna di menzione, è stata un giorno della prima quindicina di settembre del 1998. La mia valigia era leggera, il sacco da marinaio con il necessario per la notte ed il ricambio per il giorno dopo. La gusta combinazione d’incoscienza, spensieratezza e necessità. Andavo a casa mia, a casa nostra. Non poteva servirmi molto, non avrei saputo dove appoggiarlo.

La seconda volta che ho fatto la valigia, era il primo dell’anno del 2002. Quella è stata un’uscita da profugo, da rifugiato politico. Il solo sacco marinaio non è bastato, avevo cartoni da emigrante, con scorte e viveri, bottiglie e conserve, libri e documenti.

La terza volta, è stato un rientro in grande stile. Nessuna mediazione, voglia di rinnovo e identità. Graduale, senza urti e con olio di gomito. Mano ai pennelli, pareti colorare e mobili di recupero. Una nuova veste per me e quella che, oramai era, casa mia.

Altre valige, altri viaggi, ma sempre un luogo a cui tornare, una dimensione ritrovata, in simbiosi con quattro piccole mura.

Sarai distante o sarai vicino
sarai più vecchio o più ragazzino
starai contento o proverai dolore
starai più al freddo o starai più al sole
Conosco un posto dove puoi tornare
conosco un cuore dove attraccare
Se chiamo forte potrai sentire
se credi agli occhi potrai vedere
c'è un desiderio da attraversare
e un magro sogno da decifrare
Conosco un posto dove puoi tornare
conosco un cuore dove attraccare
Piovono petali di girasole
sulla ferocia dell'assenza
la solitudine non ha odore
ed il coraggio è un'antica danza
Tu segui i passi di questo aspettare
tu segui il senso del tuo cercare
C'è solo un posto dove puoi tornare
c'è solo un cuore dove puoi stare
L'assenza, Fiorella Mannoia