Cercare qualcosa, sapere di averlo messo lì, pensare di averlo messo lì, non avere dubbi è lì, essere convinti di poterlo prendere e spostare in qualsiasi momento, ed invece lì non c’è.
L’oggetto non è dove la memoria lo ha risposto.
Momenti precisi e ricordi definiti evocano, che LUI, il desaparecido, doveva essere lì, ma lì, non c’è.
Nel tempo mi sono accorta che queste immagini nella memoria sono forvianti. Esattamente come quando non ricordi un nome, ti batte sulla lingua la lettera iniziale della parola dimenticata ed invece, quando poi, dopo giorni, di punto in bianco, ricordi il nome del tale o della tal pianta, quella consonante sta sempre in mezzo e mai all’inizio.
La distrazione mi dilania. Mi sbriciola nell’amor proprio. Mi abbassa le spalle e gli occhi. Soprattutto se l’oggetto perso è qualcosa di importante... se poi non è nemmeno tuo!
Perché lo sapevi che era importante! Che kaiser riconosci l’importanza delle cose, il valore!! dovevi curartene di più, dovevi prestarci più attenzione, dargli un posto preciso, custodirlo meglio!
Non lo hai fatto, ormai è tardi. La distrazione apre qualcosa nello stomaco, qualcosa che fa a pezzi il fisico: la testa si fissa su quel momento in cui credi di aver riposto l’oggetto in quel punto, in tutti i passaggi successivi; le mani rincorrono luoghi e oggetti che lo hanno conosciuto, avvicinato o nascosto; la voce chiama ed interroga chi gli è stato vicino, chi lo ha visto, i testimoni; lo stomaco si chiude ma potrebbe divorare il mondo.
Rimane la speranza di rivederlo, e di rivederlo nel contesto del ricordo, giuso per consolarsi con una ipotetica capacità mnemonica ed il classico "lo sapevo!"