29 ottobre 2007

VI. La dogmatizzazione del XVI secolo.

I trattati del XV secolo o le traduzioni con commento di Vitruvio in quegli anni, non vengono incontro alle esigenze degli architetti d'avere indicazioni pratiche sul costruire. A questo bisogno suppliscono architetti del XVI sec. come Serlio, Il Vignola e Palladio.

Sebastiano Serlio, emiliano, produrrà il primo trattato con indicazioni pratiche per costruire, quasi un vero e proprio atlante dei tipi edilizi e delle relative misure. Con linguaggio scarno e chiaro, in volgare e non in latino, affianca i disegni, vero e proprio corpo del trattato. Si rivolge "ad ogni mediocre" e non agli elevati ingegni. Rinuncia volontariamente agli antefatti teorici per puntare dritto verso l'esigenza, una risposta pratica ai problemi del costruire.

Serlio, nasce a Bologna nel 1475, vi lavorerà come pittore, ed in qualità di emiliano, avrà una formazione correggesca, conoscerà quasi sicuramente il lavoro dell'Alberti a Mantova e in Romagna. Andrà a Roma nel 1517, vi rimarrà per 10 anni, fino al sacco di Roma 1527, dove lavorerà con Baldassarre Peruzzi*. Da lui imparerà il mestiere dell'architetto, e alla sua morte, continuerà le sue fabbriche incompiute. Erediterà dal maestro anche alcuni appunti dal quale presumibilmente parte per la stesura del suo trattato di architettura. Questa circostanza, per nulla taciuta da Serlio gli procurerà da parte della critica accuse di plagio, ma Serlio ne rivendica la piena paternità del suo lavoro teorico. Lavoro che redige tra 1527-40 anni in cui si trova tra Venezia e il Veneto, un contesto culturale assai florido, il cui il dibattito umanista è vivido e propenso alla sviluppo delle forme classiciste, che poi confluiranno nell'operato di Palladio**. Dopo il 1540 sarà a Fountembleau***, alla corte di Francesco I, al quale dedicherà anche il suo terzo libro. Qui i suoi successi furono modesti e alla morte di Francesco I (1547) fu rimpiazzato nell'incarico di pittore ed architetto di corte, passò gli ultimi anni della sua vita in povertà a Lione, terminando il suo trattato.

Nella prefazione del primo volume del suo trattato, il Libro IV, pubblicato nel 1537 circa a Venezia, specifica che l'intera opera conterà di 5 volumi. A noi ne sono arrivati di più, ben nove, di cui però solo i primi cinque pubblicati quando Serlio era ancora in vita, gli alti, Libro VII, Libro VI e Libro VIII furono da lui venduti nel 1550, negli anni povertà a Lione, ad un mercante d'arte. Vide la pubblicazione nel XVI solo il libro XVII, gli altri verranno pubblicati solo nel Œ900.

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Libro IV il primo ad essere pubblicato a Venezia nel 1537 parla dei genera, degli ordini architettonici e delle regole generali di architettura.
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Libro III, il secondo ad essere pubblicato, pochi anni dopo il primo, 1540 sempre a Venezia, parla delle opere dell'Antica Roma.
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Libro II e I, pubblicati come terzi, con dedica a Francesco parlano di Geometria e prospettiva, pubblicati a Parigi nel 1545.
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Libro V pubblicato a Parigi 1547, parla delle diverse tipologie di templi sacri
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Il sesto libro pubblicato è il Libro Extraordinario, che molti scambiano per il libro 6, ma che è un aggiunta al programma complessivo che risulta di 8 volumi +1. Viene pubblicato a Lione nel 1550.
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Mentre i tre successivi, in ordine di pubblicazione, il Libro VII, Vi e VIII, sono pubblicati postumi. Il libro VII verrà pubblicato nel 1575 a Venezia, gli altri dovranno aspettare i secoli successivi. Trattano di argomenti specifici: Libro VII "di tutti gli accidenti che possonno occorrere all'architetto", Libro VI di edifici per residenze private, Libro VIII è qualcosa di più di un vero e proprio trattato sulle fortificazioni.

Sostanzialmente il trattato di Serlio ha un grande successo, viene pubblicata una edizione economica nel 1566 che sintetizza i primi cinque libri + il libro extraordinario edita da De' Franceschi a Venezia.

Il Libro VI, secondo Serlio è il più importante, "il più necessario". Contiene la codifica dei genera, sistematizza per la prima volta nella teoria dell'architetura i cinque ordini dell'architettura (tuscanico, dorico, ionico, corinzio e composito). Conosce e parte dal trattato di Vitruvio anche se gli rimprovera diverse inesattezze e imperfezioni, oltre un linguaggio oscuro per alcune parti, medierà i dati del latino con rilievi di opere dell'antichità che vanta di aver fatto in prima persona. Semplifica le proporzioni delle partizioni dell'ordine, riconducendole a numeri interi e facilmente applicabili. Altezza colonna e piedistallo sono multipli interi del loro diametro inferiore. Nasce così un canone ignoto sia all'Antichità che al Quattrocento. Il successo dell'opera porterà ad una diffusione e cristallizzazione di questi valori, soprattutto nel Nord Europa. Mette in relazione gli ordini con i contenuti specifici dell'architettura, adotta il tuscanico per le fortificazioni, il dorico per gli edifici intitolati a Cristo, santi animosi (Pietro, Paolo, Giorgio) o per abitazioni di eroi o potenti, lo ionico per sante o intellettuali, il corinzio per la Madonna ed edifici signorili, il composito, definito con titubanza "la quinta maniera" viene considerato un mix e osservato nell'utilizzo che ne fanno i romani negli archi di trionfo.
Nonostante la canonizzazione precisa del sistema degli ordini, Serlio ha un rapporto che si può definire "libero" con la regola; si impone la ricerca di una norma e la sua applicazione, ma egli stesso specifica che non tutto è classificabile, quindi molta parte è lasciata alla discrezione dell'architetto, all'arbitrio, alla necessità di variare la regola per la propria espressività, alla ricerca di libertà formare, licenza. Con questa ricerca della deroga alla regola, Serlio si pone come il fondatore teorico del manierismo.
Il suo rapporto con Vitruvio è critico, gli rimprovera indicazioni divergenti dalle sue ricerche sull'antichità classica e un linguaggio oscuro, anche se adotta delle raccomandazione del latino per quanto riguarda le decorazioni: per gli interni, prediligere affreschi che dialoghino con l'architettura per illudere si un ingrandimento degli ambienti, per l'esterno, pitture che non turbino la continuità della facciata.

Il Libro III, che pubblicato per secondo nel 1540, è la prima opera, nella storia della teoria dell'architettura, che raccoglie, in modo organico, esempi di grandi opere dell'antichità romana. Il lavoro fatto precedentemente da Francesco di Giorgio Martini rimane solo a livello di manoscritto. Serlio sarà il primo a produrre una raccolta organica di opere dell¹Antichità. Per Serlio è fuori discussione l'esemplarità dell'architettura antica per cui non si sofferma a spiegare le motivazioni, parte subito con le sue analisi. Individua nella forma centrale, la forma perfetta. Parlerà del Pantheon di Roma come il più significativo edificio dell'antichità romana e non si periterà a fare esempi di contemporanei che considera continuatori di questa tradizione, come Bramante, Raffaello, Peruzzi (aiuto di Raffaello). Le xilografie che corredano il trattato sono fonti di grandi valore. Le sue illustrazioni sono assai precise, molto meno fantasiose di quelle dell'opera di Francesco di Giorgio Martini. Ne emerge anche che Serlio aveva una visione e conoscenza storica, facendo una panoramica tra l'opera dei Greci e dei Romani passando per gli Egizi, getta le fondamenta di un primo dibattito per il riconoscimento di una superiorità greca o romana.

Nei Libri II e I, parlano della geometria e della prospettiva, hanno un carattere pratico e solo nella prefazione si lascia andare a considerazioni più generali dove espone considerazione sull'interdipendenza tra le arti, pittura, scultura e architettura. Rivela una concezione pittorica dell'architettura e ad avvalorare questa tesi, tira in ballo i fatti: i maggiori architetti della sua epoca sono stati prima pittori (Bramante, MichelangeloŠ). Affronta anche temi di recupero dell'antichità come le scene teatrali differenti in relazione alla rappresentazione, contenuti che avranno largo seguito.

Nel Libro V, pubblicato a Lione nel 1547, affronta le varie tipologie planimetriche per gli edifici religiosi. Ribadisce la sua scelta verso la forma tonda, ed offre un catalogo di possibili soluzioni.

Libro extraordinario è il vero e proprio catalogo, la raccolta di ben 50 tipi di porte.

Libro VII affronta casi particolari di progetti e restauri, anche di adattamenti di edifici medievali, in cui Serlio rivela un anima di conservatore della struttura originaria degli edifici.

Libro VI pubblicato solo nel 1964-78 riprende un concetto già affrontato da Vitruvio, sulla distinzione di tipologie di abitazione in baso alle diverse classi sociali partendo da quelle più basse.

Libro VIII mai pubblicato dal mercante che lo comprò dall'autore negli ultimi anni di povertà a Lione, è qualcosa di più di un semplice trattato sulle fortificazione, raccoglie informazioni anche di altri progettisti e o scrittori, giungendo a progetti complessi di città fortificate.

Serlio è stato rimproverato dalla critica di mancanza di originalità, plagio o incapacità critica, perché non ha elaborato un proprio sistema teorico ma si limitato a confermare dei valori assoluti. Ma questo era il suo intento, codificare, sistematizzare e rendere più facilmente utilizzabile quello che già cera, con un sistema di modelli e regole verso una architettura concreta.

immagini dal trattato

*Baldassarre Peruzzi, architetto senese che lavorò con Raffaelo, realizzando opere importanti come Palazzo Chigi, detta La Farnesina, Palazzo Massimo alle Colonne, concluso poi da Giulio Romano.

Storia semi-seria della Critica architettonica - indice.

**Contesto veneto del Cinquecento.
Si deve ricordare che Venezia e il veneto, hanno una forte tradizione tardo-gotica (Basilica di San Marco e Palazzo ducale) superata in pittura solo con la Riforma giorgionesca.
Il contesto economico/politico della Serenissima Repubblica di Venezia agli inizi del Œ500 è assai particolare e anomalo rispetto al resto dell¹Italia. Mantiene ancora una forma di governo democratica e non oligarchica, intraprende ancora una politica internazionale. Economicamente risente dello spostamento dell¹asse dei traffici dal Mediterraneo all¹Atlantico, successiva alla scoperta delle Americhe 1492, oltre che dei lunghi periodi di guerra con l¹impero Ottomano. Molti aristocratici veneziani investiranno i proventi dei loro commerci nelle arti e nella terra, bene di reddito da sempre, realizzando interventi architettonici dal carattere rinascimentale. Il classicismo veneto avrà caratteri diversi da quello romano, anche in relazione a problemi strettamente tecnici. Venezia è costruita su palafitte, quindi la massa monumentale romana sarebbe un carico eccessivamente pesante. Serlio nel suo trattato affronterà l¹argomento e suggerirà un linguaggio classico con una prevalenza di vuoti suoi pieni e maggior sviluppo in pianta. Dalla tradizione veneziana, frutto di processo storico che vede come fondamentale il contesto ambientale della laguna, desume un certo pittoricismo architettonico, ovvero una valenza pittorica alla facciata e le pareti tramite l¹articolazione chiaroscurale delle superfici tramite l¹ordine architettonico.
Successivamente al Sacco di Roma del 1527 avviene la diaspora degli artisti. Molti artisti che vivevano in ambiente romano si trasferiscono in altre corti, ed in particolar modo prediligeranno la Serenissima per la stabilità economica. Ciò produce l¹inserimento del linguaggio classico a Venezia e nel Veneto.

**Fontanbleau, la corte di Francesco I di Francia. Serlio è in ottima compagnia, vi trova personaggi come Rosso Fiorentino e Benvenuto Cellini, ed insieme daranno il loro contributo per la realizzazione del manieriesmo aulico francese.

La Serliana. Nel Libro IV del 1537 nel progetto per un palazzo veneziano, egli propone una coniugazione di elementi per qualificare un¹apertura, chiamata SERLIANA, ovvero una trifora, la cui apertura centrale è un¹arcata e le due laterali sono architravate sorrette da colonne circolari. Un modo che lui conia per alleggerire la struttura, così come da esigenze precedentemente espresse. Già prima della pubblicazione del libro che la codifica questa apertura era diffusa e utilizzata come in Palazzo Te di Giulio Romano, come lui allievo di Peruzzi.