Domande d'esame
Vitruvio nel suo De Architettura - collocabile tra il 35 e il 15 circa a.c. – indica 3 tipi di “genera”, cioè di ordini architettonici + una “tuscaniche dispositio”, che non è un ordine vero e proprio, ma aspira a diventarlo, quale modello autoctono per la realizzazione di templi.
Il dorico è il primo di questi tre generi, quello che nasce per primo.
Vitruvio, infatti riporta la legenda sull’origine favolosa. Doro, re di Acaia, decide di realizzare un tempio ad Argo, dedicato a Giunone e lo realizza secondo queste forme, che ancora però non trovano la proporzione definitiva. Per questa codifica modulare sarà necessario aspettare gli Joni.
Vitruvio definisce così le proporzioni tra le parti dell’ordine:
- base assente, la colonna poggia direttamente sullo stilobate,
- fusto compreso il capitello = 7 Ø (diametri del fusto all’imoscapo). Presenta 20 scanalature, che possono essere sia piane sia concave, ma comunque separate da un angolo vivo, orlo. Per le concave, definisce che devono essere minori di un semicerchio, in sostanza la curva che si trova ponendo al centro di un quadrato una sesta con l’apertura di metà diagonale, puntando i due angoli di un lato.
- Capitello = h 1/2 Ø. Composto partendo dall’alto di una cimasa (listello + gola rovescia) di un abaco quadrato e un echino, sotto tre anelli e il collarino o fregio del capitello con fiore, chiuso da astragalo con cavetto. Si tratta di tre parti uguali, circa 1/3 di Ø: cimasa + abaco/ echino + anelli/ collarino + astragalo.
- Architrave = h 1/2 Ø. Vi colloca gli ipotriglifi composti da un regolo e 6 gocce corrispondenti all’elemento superiore del triglifo, vero modulo che definisce tutte le parti dell’ordine, Sopra la tenia dell’architrave, un listello alto che sancisce il passaggio all’elemento superiore
- Fregio = h 3/4 Ø e contiene i triglifi e le metope, trasposizione lapidea della carpenteria lignea della capanna primordiale, che Vitruvio individua come primo riparo dell’uomo primitivo. I triglifi sono rettangolari e misura di base 1 M mentre di h 1+1/2 M (dove M è il raggio del fusto all’imoscapo = 1/2 Ø), si collocano in asse con il centro della colonna in quanto rispondono, nella mimesi con l’impalcato ligneo, alla trave o alla testa della catena di una capriata. Spesso, questa trave era il prodotto dell’accostamento di tavole e si usava porgli in testa a protezione delle tavolette di cera azzurra che riproducevano con solchi verticali la verità della struttura assemblata. Da questa natura deriva la forma del triglifo, con canali e femori. Sono entrambi la sesta parte della base, anche se agli estremi si collocano dei semi canali. La metopa, di fianco al triglifo, ha forma quadra, stessa altezza del triglifo 1 e 1/2 M. Rappresenta il vuoto tra trave e trave che spesso veniva tamponato con elementi decorativi.
Vitruvio risolve quello che diventa nei secoli il problema angolare del dorico con una semimetopa d’angolo. Le soluzioni dei templi greci sono molteplici, spesso prediligono accondiscendere alla continuità formale e tradire la rispondenza alla verità, alla carpenteria lignea dalla quale discende la forma del tempio. Venivano collocati triglifi di angolo, ma falsavano la sequenza metopa e triglifo per far coincidere il triglifo in asse della colonna o lavorando sulla dimensione della prima metopa e dell’ultimo intercolumnio. Vitruvio, che niente antepone alla verità della struttura, inserisce una porzione di metopa si base 1/2 triglifo d’angolo, tale da non dover né modificare l’intercolumnio né alterare le uguali dimensioni delle metope tra di loro, per porre in asse triglifi e colonne. Sopra metope e triglifi il fregio è chiuso da un listello che segue in rilievo la presenza dei triglifi con un il capitello del triglifo.
- Sopra a chiudere tutto la terza parte della trabeazione, il cornicione, h 1/2 Ø in tutto, composto da più parti:
sopra una gola rovescia il gocciolatoio, con l’elemento dei mutuli. Come le metope e i triglifi sono trasposti dalla carpenteria lignea della copertura a capanna, si tratta dei panconcelli che sorreggono il tavolato della coperta, sono sporgenti e costituiscono lo spiovente della copertura. Hanno un forte aggetto e nell’intradosso sono decorati con gocce, 3 file di 3, con tanto di orlo, canale per lo scolo delle acque. Sopra un’altra gola rovescia e la sima composta da gola dritta e listello. In linea con i triglifi delle bocche di leone per lo scolo delle acque.
Vitruvio raccomanda alcuni accorgimenti tecnici che non valgono solo per il dorico ma per tutti i generi. In merito alla trabeazione, si raccomanda di avanzare leggermente il profilo delle modanature, leggermente propenso verso lo spettatore, tale da contrastare l’appiattimento e la diminuzione delle superfici creato dalla visuale dal basso. Gli accorgimenti maggiori riguardano le colonne, la rastremazione e l’entasi, sono le principali, ma ce ne sono anche molti altri riguardanti le specifica collocazione delle colonne nel tempio. Ad esempio, le colonne interne erano più alte in relazione alla copertura a capanna, per non farle apparire troppo snelle aumentavano le scanalature.
La rastremazione è la diminuzione del diametro del fusto della colonna al sommoscapo, nella parte alta, rispetto al diametro del fusto della colonna all’imoscapo, parte bassa. Il valore che si sottrae dal diametro dell’imoscapo è relazionato all’altezza della colonna. Ad esempio:
- per una colonna h 4,5 mt -> il valore è di 1/6 Ø
- per colonne di 6 mt -> è di 2/13 Ø
- per colonne di 9 mt -> è di 1/7 Ø
Il valore della diminuzione decresce in maniera armoniosa in relazione all’aumento dell’altezza della colonna, sino quasi all’annullamento per le dimensioni ciclopiche, perché tanto più lontano l’oggetto dall’occhio dell’osservatore tanto più appare piccolo, quindi a compensazione si riduce la rastremazione per evitare un eccessivo assottigliamento.
L’entasi è invece una sorta di spanciamento della colonna appena percepibile circa a metà della sua altezza. In sostanza non è un preciso tronco di cono, ma la superficie ha un andamento bombato verso il centro. Il valore dell’entasi nella colonna ionica è di 1/3 del semidiametro della scanalatura della colonna.
Vitruvio nel suo De Architettura - collocabile tra il 35 e il 15 circa a.c. – indica 3 tipi di “genera”, cioè di ordini architettonici + una “tuscaniche dispositio”, che non è un ordine vero e proprio, ma aspira a diventarlo, quale modello autoctono per la realizzazione di templi.
Il dorico è il primo di questi tre generi, quello che nasce per primo.
Vitruvio, infatti riporta la legenda sull’origine favolosa. Doro, re di Acaia, decide di realizzare un tempio ad Argo, dedicato a Giunone e lo realizza secondo queste forme, che ancora però non trovano la proporzione definitiva. Per questa codifica modulare sarà necessario aspettare gli Joni.
Vitruvio definisce così le proporzioni tra le parti dell’ordine:
- base assente, la colonna poggia direttamente sullo stilobate,
- fusto compreso il capitello = 7 Ø (diametri del fusto all’imoscapo). Presenta 20 scanalature, che possono essere sia piane sia concave, ma comunque separate da un angolo vivo, orlo. Per le concave, definisce che devono essere minori di un semicerchio, in sostanza la curva che si trova ponendo al centro di un quadrato una sesta con l’apertura di metà diagonale, puntando i due angoli di un lato.
- Capitello = h 1/2 Ø. Composto partendo dall’alto di una cimasa (listello + gola rovescia) di un abaco quadrato e un echino, sotto tre anelli e il collarino o fregio del capitello con fiore, chiuso da astragalo con cavetto. Si tratta di tre parti uguali, circa 1/3 di Ø: cimasa + abaco/ echino + anelli/ collarino + astragalo.
- Architrave = h 1/2 Ø. Vi colloca gli ipotriglifi composti da un regolo e 6 gocce corrispondenti all’elemento superiore del triglifo, vero modulo che definisce tutte le parti dell’ordine, Sopra la tenia dell’architrave, un listello alto che sancisce il passaggio all’elemento superiore
- Fregio = h 3/4 Ø e contiene i triglifi e le metope, trasposizione lapidea della carpenteria lignea della capanna primordiale, che Vitruvio individua come primo riparo dell’uomo primitivo. I triglifi sono rettangolari e misura di base 1 M mentre di h 1+1/2 M (dove M è il raggio del fusto all’imoscapo = 1/2 Ø), si collocano in asse con il centro della colonna in quanto rispondono, nella mimesi con l’impalcato ligneo, alla trave o alla testa della catena di una capriata. Spesso, questa trave era il prodotto dell’accostamento di tavole e si usava porgli in testa a protezione delle tavolette di cera azzurra che riproducevano con solchi verticali la verità della struttura assemblata. Da questa natura deriva la forma del triglifo, con canali e femori. Sono entrambi la sesta parte della base, anche se agli estremi si collocano dei semi canali. La metopa, di fianco al triglifo, ha forma quadra, stessa altezza del triglifo 1 e 1/2 M. Rappresenta il vuoto tra trave e trave che spesso veniva tamponato con elementi decorativi.
Vitruvio risolve quello che diventa nei secoli il problema angolare del dorico con una semimetopa d’angolo. Le soluzioni dei templi greci sono molteplici, spesso prediligono accondiscendere alla continuità formale e tradire la rispondenza alla verità, alla carpenteria lignea dalla quale discende la forma del tempio. Venivano collocati triglifi di angolo, ma falsavano la sequenza metopa e triglifo per far coincidere il triglifo in asse della colonna o lavorando sulla dimensione della prima metopa e dell’ultimo intercolumnio. Vitruvio, che niente antepone alla verità della struttura, inserisce una porzione di metopa si base 1/2 triglifo d’angolo, tale da non dover né modificare l’intercolumnio né alterare le uguali dimensioni delle metope tra di loro, per porre in asse triglifi e colonne. Sopra metope e triglifi il fregio è chiuso da un listello che segue in rilievo la presenza dei triglifi con un il capitello del triglifo.
- Sopra a chiudere tutto la terza parte della trabeazione, il cornicione, h 1/2 Ø in tutto, composto da più parti:
sopra una gola rovescia il gocciolatoio, con l’elemento dei mutuli. Come le metope e i triglifi sono trasposti dalla carpenteria lignea della copertura a capanna, si tratta dei panconcelli che sorreggono il tavolato della coperta, sono sporgenti e costituiscono lo spiovente della copertura. Hanno un forte aggetto e nell’intradosso sono decorati con gocce, 3 file di 3, con tanto di orlo, canale per lo scolo delle acque. Sopra un’altra gola rovescia e la sima composta da gola dritta e listello. In linea con i triglifi delle bocche di leone per lo scolo delle acque.
Vitruvio raccomanda alcuni accorgimenti tecnici che non valgono solo per il dorico ma per tutti i generi. In merito alla trabeazione, si raccomanda di avanzare leggermente il profilo delle modanature, leggermente propenso verso lo spettatore, tale da contrastare l’appiattimento e la diminuzione delle superfici creato dalla visuale dal basso. Gli accorgimenti maggiori riguardano le colonne, la rastremazione e l’entasi, sono le principali, ma ce ne sono anche molti altri riguardanti le specifica collocazione delle colonne nel tempio. Ad esempio, le colonne interne erano più alte in relazione alla copertura a capanna, per non farle apparire troppo snelle aumentavano le scanalature.
La rastremazione è la diminuzione del diametro del fusto della colonna al sommoscapo, nella parte alta, rispetto al diametro del fusto della colonna all’imoscapo, parte bassa. Il valore che si sottrae dal diametro dell’imoscapo è relazionato all’altezza della colonna. Ad esempio:
- per una colonna h 4,5 mt -> il valore è di 1/6 Ø
- per colonne di 6 mt -> è di 2/13 Ø
- per colonne di 9 mt -> è di 1/7 Ø
Il valore della diminuzione decresce in maniera armoniosa in relazione all’aumento dell’altezza della colonna, sino quasi all’annullamento per le dimensioni ciclopiche, perché tanto più lontano l’oggetto dall’occhio dell’osservatore tanto più appare piccolo, quindi a compensazione si riduce la rastremazione per evitare un eccessivo assottigliamento.
L’entasi è invece una sorta di spanciamento della colonna appena percepibile circa a metà della sua altezza. In sostanza non è un preciso tronco di cono, ma la superficie ha un andamento bombato verso il centro. Il valore dell’entasi nella colonna ionica è di 1/3 del semidiametro della scanalatura della colonna.