Inquadramento
L'area interessata dall'analisi comprende la Val di Marina e le porzioni dei Monti della Calvana e di Monte Morello coinvolti per vicinanza e attiguità nel territorio del Torrente Marina e dei suoi due maggiori affluenti, la Marinella di Legri e la Marinella di Travalle. Eccezione il coinvolgimento delle propaggini di Monte Morello più "fiorentine" in quanto ricche di presenze insediative di alto pregio (infatti l'indagine fotografica è iniziata proprio da lì includendo le Ville in zona Castello).
Geologia
Dal punto di vista geologico, tutta questa porzione di territorio fa parte di un'unica unità geologica, denominata "Formazione di Monte Morello", costituita e riconoscibile nella carta geologica come alberese.
L'alberese è una pietra molto dura e contrariamente alle arenacea che costituiscono l'Appennino, non è porosa, non assorbe l'acqua. Questa caratterista di resistenza ha fatto si che nel corso degli anni sia stata diffusamente impiegata dall'uomo per realizzare manufatti come rocche, case coloniche, muri a secco, cisterne, e acquedotti.
Inoltre è proprio dall'alberese che si ricava calce e cemento, da qui la presenza di cave e stabilimenti di lavorazione come fornaci e cementifici.
La Formazione di Monte Morello, composta come si diceva da roccia sedimentaria, fa parte della Serie Toscana Metamorfica e non si è formata dove la vediamo attualmente, è alloctona. Si è formata in una fossa oceanica, la cui posizione originaria si ipotizza tra la Corsica e la Sardegna. Numerosi sono infatti i reperti fossili recuperati sia nella Calvana che su Monte Morello (piste di locomozione di vermi e invertebrati).
Durante la 1° fase "sedimentaria", iniziata 100 milioni di anni fa nel cretaceo superiore, si è riempita con materiale proveniente dal disfacimento della scarpata alpina. La parte più antica di questi sedimenti è la Formazione di Siliano, costituita da argilliti con irregolari ricorsi di arenarie, tra cui anche grandi lenti di arenarie compatte e resistenti che costituiscono la Pietraforte. Lo strato successivo, inizia a depositarsi 65 milioni di anni fa, nel Paleocene, si tratta calcare marnoso, marne e calcareniti che compongono l'alberese; sopra successivamente si depositano strati di argilliti, calcareniti e calcari, che vanno a costituire la formazione di Pescina, ritrovabile soprattutto nella parte est di Monte Morello.
Nell'Eocene medio, circa 45 milioni di anni fa, conclusa la fase sedimentativa, ha inizio la 2° fase "compressiva"; tutta la zona viene interessata da una forte attività tettonica, forse provenienti da ovest, hanno spinto queste formazioni verso est, a quel punto gli strati che fino ad allora si erano mantenuti orizzontali, vengono compressi, piegati, innalzati e capovolti. Alla fine del Miocene Medio, la Formazione di Monte Morello si trova nell'attuale posizione.
La 3° fase, quella "distensiva", ha inizio nel Pliocene, circa 5 milioni di anni fa, da origine ad una serie di faglie con direzione Nordest - Sudovest
Poi successivamente, circa 2 milioni di anni fa si è formato il Bacino lacustre di Firenze, il quale progressivamente si è riempito con i detriti portati dai fiumi, dando origine all'attuale pianura.
Morfologia
La Val di Marina è un ampia vallata dove scorre il Torrente Marina che insieme ai suoi due maggiori affluenti, la Marinella di Legri e la Marinella di Travalle, porta l'acqua alla Pianura alluvionale.
A ovest è delimitata della Calvana. I Monti della Calvana sono un complesso di monti, più o meno arrotondati, che si snodano per 25 chilometri dalla dorsale appenninica fino alla pianura alluvionale. La parte coinvolta nell'analisi è esclusivamente quella meridionale e per il versante del Comune di Calenzano che delimita appunto la Val di Marina. Partendo dalla pianura, troviamo il Poggio Castellare, la punta della Retaia, il Monte Cantagrilli, la vallata di Valibona, il Monte Maggiore la vetta più alta, e il Passo delle Croci, Monte Gennaro. Da qui il crinale cambia direzione e punta verso sud, ricongiungendosi a Monte Morello, che crea il limite est della Val di Marina.
La Calvana e Monte Morello hanno due aspetti decisamente diversi:
la prima, da Poggio Castellare a Monte Cantagrilli è decisamente brulla; la causa è da ricercarsi ne i frequenti incendi e nella scarsezza d'acqua. Infatti i numerosi rii d'acqua che l'attraversano solo saltuariamente sono percorsi da acqua, anche perché tutta la zona abbiamo detto essere formata da roccia calcarea, che da origine quindi a numerosi fenomeni carsici come doline, karen e inghiottitoi, tramite i quali l'acqua passa direttamente nel sottosuolo senza scorrere lungo i fianchi della montagna. È infatti frequente osservando le vecchie abitazioni ritrovare delle cisterne, nelle quali veniva immagazzinata l'acqua piovana.
Su quasi tutta la sommità del crinale della Calvana si estendono prati, che quando ancora l'agricoltura aveva un ruolo predominante per l'economia locale, fino agli anni '50, venivano tagliati per fare il fieno per l'inverno. Attualmente persa questa abitudine, la macchia sta riconquistando spazi.
Monte Morello invece appare come un massiccio verdeggiante. Questa diversità non è dovuta alla formazione geologica perché come abbiamo visto è la medesima. Le cause sono da riscontrarsi in una minore frequenza degli incendi ed ad un'opera intensa di rimboschimenti.
I fenomeni carsici su questo territorio sono numerosi, si incontrano cavità ipogee, sia su Monte Morello che sulla Calvana: 3 grotte sul primo e ben 43 solo in Calvana. È qui che praticamente ha inizio l'attività speleologica regionale. Spesso venivano adoperate dai contadini come fonti di acqua potabile o come frigoriferi naturali, ed anche come rifugio nell'ultima guerra, tanto più in Calvana luogo a cui le vicende partigiane sono profondamente legate.
Ogni grotta ha un suo ciclo evolutivo detto ciclo carsico che presenta tre fasi: la "fase giovanile" , legata alla percolazione delle acque sotterranee, "fase matura" durante la quale si allargano gli ambienti, si sviluppano le concrezioni e l'accumulo di materiali residui calcarei; "fase senile" quando non è più percorsa dall'acqua, che è scesa in profondità".
Numerosi, soprattutto in Calvana i fenomeni carsici ipogei, che si manifestano perché l'acqua piovana carica d'anidride carbonica esercita sui calcari marnosi un'azione chimica, oltre a quell'erosiva. Succede che il terreno roccioso è interessato da fessure che giungono in profondità e lasciano passare l'acqua piovana. Il risultato di questa forma erosiva si manifesta in superficie con depressioni ad imbuto dalla pianta circolare o ovoidale dette doline. È proprio per la prevalenza di queste formazioni che il crinale dei Monti della Calvana è ampio e rotondeggiante. Il loro fondo spesso è riempito da terreno argilloso, che per la caratteristica impermeabilità, può causare nelle stagioni piovose l'inondamento delle stesse e la creazione di laghetti. Ci sono anche forme minori di fenomeni carsici (microforme).
I Karen (campi solcati) sculture naturali, superfici calcaree nude dall'aspetto di solchi più o meno profondi.
Anche le cave sono presenze ricorrenti sia su Monte Morello che in Calvana. La formazione geologica ha nel corso dei secoli, favorito l'attività estrattiva. Già dalla seconda 1/2 del '500 questa attività è fiorente nel territorio. L'attuale impianto minerario di Settimello, l'unico ancora aperto, trae origine da una fornace Ginori aperta alla fine del '500, nella quale si produceva calcina, che fu adoperata anche per costruire il Ponte a Santa Trinita, fu li che ebbe inizio anche l'attività della Manifattura di Doccia.
Altra cava dalle origini antiche è quella di Carraia, vicino sorgeva la Fornace degli Alberti per la produzione di orci oleari e vinari per la vicina Fattoria di Collina, di proprietà dei Venturi Ginori Lisci. Era consuetudine che vicino alle cave, sorgessero fornaci o opifici di lavorazione, dove le esigenze dei ricchi proprietari richiedevano.
Nel 1910 vengono censiti ben 10 cave che producono la materia prima per il cemento. Un forte incremento fu dato dal cantiere della A1 che reperiva materiale sul luogo, vennero aperte nuove cave come Colle, La Chiusa e Pontenovo. Attualmente di aperto c'è solo lo stabilimento di Settimello.
Sono recuperabili, da un punto di vista paesistico esclusivamente le cave che hanno operato l'estrazione dall'alto verso il basso, creando gradoni per l'alloggiamento di alberi da rimboschimento. Ma in particolar modo le prime cave, hanno operato l'attività estrattiva dal basso verso l'alto e non ci sono gradoni.
Assetto paesistico e vegetazione
L'agricoltura, un tempo attività principale, è relegata oggi esclusivamente nel fondovalle, così che sia la collina che la parte montana, risultano scarsamente abitate.
Solo l'olivicoltura mantiene un ruolo di grande importanza, caratterizzando ampie porzioni di territorio spesso con la classica disposizione del terreno a terrazzi con muri a secco in pietra alberese. Nella zona collinare insieme agli olivi troviamo boschi misti di caducifoglie, con presenze di roverelle, carpino nero a Nord ed Orniello a Sud. Su pendici settentrionali e più favorevoli, la roverella può cedere il posto al cerro. Si trovano in modo sporadico, l'acero e l'olmo campestre, il leccio.
Fino a quando l'agricoltura aveva il suo ruolo predominate, anche il bosco aveva un ruolo importante,in primo luogo per l'approvvigionamento di combustibile, era mantenuto perciò a ceduo e tagliato ogni 10-15 anni. In prossimità degli insediamenti rurali venivano mantenute alcune piante dette matrici per la legna da opera, e per fare ghiande per l'allevamento suino. Era una risorsa perpetua perché le piante avevano la capacità di rigenerarsi, mettendo i pollini o dal ceppo o dall'apparato radicale, ricreando un identico soprasuolo. Il perpetuarsi di questa operazione, in particolar modo in terreni scadenti e con pendenze elevate, ha portato al degrado del bosco in una rada boscaglia di arbusti.
Il boom economico degli anni '50 ha portato all'abbandono delle campagne e all'interruzione dell'attività agricola, in particolar modo nelle zone con seppur minime difficoltà. Gli ex coltivi sono oggi invasi da arbusti come la ginestra, il prugnolo, il biancospino, il sanguinello, i rovi.
Con la riduzione dell'attività agricola si ha anche l'abbandono dello sfruttamento del bosco. Attualmente si ha una ripresa dell'attività forestale alle pendici di Monte Morello, dove il bosco assume la classica forma a scacchiera per i periodici interventi di taglio.
Un esempio caratteristico di quello che doveva essere l sistema agricolo locale rimane nel borgo di Travalle, qui si ha la sensazione che il tempo si sia fermato; la zona pianeggiante è utilizzata per l'agricoltura intensiva di cereali e leguminose, la coltura della vite è maritata con l'acero campestre, lungo i canali di scolo dei campi si trovano canneti o filari di salice rosso annualmente potato per la rilegatura della vite. Le abitazioni sono case sparse, dominanti sul podere, in posizioni soleggiate ed aperte.
Sopra il bosco di quercine si hanno differenze se siamo su Monte Morello o sulla Calvana. Su Monte Morello i disboscamenti avvenuti fin dal 1800, hanno causato un grave dissesto idrogeologico. Fin dagli inizi del secolo si è lavorato per la messa in sicurezza idraulica del territorio con un enorme opera di rimboschimento. Fu uno sforzo elevato, perché si andava ad operare su terreni dove il suolo era sottile, addirittura assente o povero. Per la facilità di riproduzione il vivaio, la facilità di attecchimento, la rusticità fu usato le conifere, in particolare il cipresso. A posteriori questa scelta è stata più volte contestata per l'estraneità della specie con il paesaggio. Oggi infatti un comprensorio piuttosto ampio che fa da cornice alla piana fiorentina è caratterizzato da formazioni boscate a conifere in particolar modo a cipresso. Tra le conifere adoperate per il rimboschimento troviamo anche il cedro, il pino domestico, l'abete bianco. Meno diffuse le latifoglie: roverella, leccio e cerro.
Mentre in Calvana, la storia è diversa, la parte sommitale caratterizzata dalla presenza di doline era in passato coltivata e i prati erano falciati periodicamente. In epoca recente si è radicata profondamente l'attività della pastorizia (ovina, bovina ed equina), condotta da gruppi sociali non alloctoni, di nuovo insediamento. Tale attività, praticata durante tutto l'arco dell'anno, è estranea al sistema territoriale. Ciò crea una particolare situazione di degrado, che compromette la sopravvivenza del sistema a prati.
Qui il rimboschimento ebbe un impatto ridotto. Risultati ne sono le frustaie di pino nero del Monte Maggiore e in loc. Casaglia (La Regina del Bosco).
Il cipresso caratterizza a tutte le altitudini gran parte del territorio, sia isolato che mescolato con latifoglie cedue e conifere.
Tra le formazioni pure sono da menzionare le cipressete di Settimello e Travalle. Sono state selezionate e classificate come riserva biogenetica, ossia boschi per la riproduzione del seme per la riproduzione della specie, recentemente messa a rischio per il fungo patogeno chiamato "cancro corticale".
Insediamenti
Zona Val di Marina
Si ha notizie degli insedamenti più antichi ad opera di popoli Liguri che si insediadiaro tra il Torrete Marina e il Fume Bisenzio.
Furono spinti verso nord dalla dominazione Etrusca, il cui resto più prezioso è il "cippo di Settimello" oggi al Museo Archeologico di Firenze; si insediarione prediligendo l'area collinare.
Alla dominazione Etrusca segue quella romana: numerosi i toponimi che lo svelano, da Quarto, Quinto, Sesto, Settimello, Limite. Su questo territorio si snodano importanti assi viari romani, La Cassia , verso Lucca, e l'arteria per il valico appennino che passa dal Passo delle Croci. È da questa zona collinare, ricca di acque che partiva l'acquedotto che alimentava Florentia, era in gran parte sotterraneo e attingeva l'acqua in loc. La Chiusa. Ci sono ancora tracce dell'importante opera idraulica.
Toponimi come Castellare o Castiglione sono memoria di castelli o luoghi militari bizantini e poi longobardi.
Dall'alto Medioevo si innesta sul territorio il sistema organizzativo delle Pievi.
Le Pievi raggruppavano sotto la loro supervisione diiversi Popoli, spesso si collocavano lungo le vie di comunicazioni, in posizioni strategiche; erano centro religioso, socioeconomico, e politico del territorio. Il territorio attualmente sotto il Comune di Calenzano era diviso in tre Pivieri: quello più vasto e ricco di rendite è la Pieve di San Donato risalente al IX secolo, infatti il santo a cui è dedicata la chiesa è di epoca longobarda; la chiesa sorge su di un altura, lungo il percorso romano di valico appenninico. Fu patronato delle più ricche famiglie fiorentine, tra cui anche i Medici, che nel '400 restaurarono radicalmente l'edificio costruendo la Villa annessa. Raccoglieva 11 chiese, alcune attualmente rintrano sotto altre pertinenze ( Prato e Sesto) altre scomparse o sconsacrate. La seconda Pieve è quella di San Severo a Legri, probabilmente molto più antica del suo aspetto romanico attuale risalente allXI/XII secolo; sorgeva lungo un importante via di collegamento verso il Mugello. La terza era la Pieve di Santa Maria a carraia, completamente snaturata nella suo configurazione originaria del 1000 (addirittura è stato invertito l'orientamento).
Dall'XI secolo accanto al sistema territoriale dei pivieri si innesta quello dei Castelli.
Il Castello di Calenzano ha una evoluzione complicata:
1a ipotesi. Nasce nel 1191 per volere dell'imperatore Enrico VI, che lo affida ai Conti Guidi di Modigliana, allo scopo di mantenere un certo grado di autonomia di questi territori, che si sono ampliati successivamente al M. Morello, Legri e Travalle, dalla vicina Firenze. Sorge un primo livello di incastellatura nel punto più alto della Val di Marina contrapposto alla collina di San Donato. E un "Castro", un castello dalla funzione militare. È ancora presente la porta al Serraglio, e la seconda porta di questa prima cerchia è inglobata nel campanile di San Niccolò.
2a ipotesi. Nel 1325, al passaggio di Castruccio Castracani, il Castro di Calenzano è completamente distrutto e si provvede a ricostruirlo rafforzato e ampliato. Si costruisce una nuova cerchia e una "porta nuova". Numerosi gli edifici di enorme pregio, in particolare per le loro belle murature in albere.
o '400, con il cambiamento delle condizioni politiche il borgo fortificato perde la sua funzione di avanposto militare.
Altro Castello è quello di Legri che sorge su si una altura dal quale domina anche la pieve.
Insieme ai castelli, su tutto il territorio si trovano freguenti torri fortificate, avanposti di vedetta nei punti di accesso al territorio pedomontano: la Torraccia (bn visibili ancora la struttura abeccatelli dove si innestano i merli), la Torre di Collina, sono tuttora presenti, a Sommaia, la Torre di Baroncoli, a Loiano, inglobata in una abitaione, e a Leccio. Nel '300 conseguentemente alle nuove vie di comunicazione di vondovalle, preferite a quelle pedomontane, questi luoghi perdono di importanza.
Si ha memori anche di un terzo castello, completamente raso al suolo in seguio ad una battaglia, quello di Combiate, sul Passo dele Croci.
Nel '400, si ha un forte processo di poderizzazione che coinvolge tutto questo territorio, dedito prevalentemente all'agricoltura e all'allevamento. Si crea una fitta trama di frammentari poderi, riuniti in grosse proprietà delle famiglie calenzanesi e fiorentine, che creano grandi movimenti di capitali nell'agricoltura del contado. Esempi sono i capitali della famiglia dei Ginori, presenti sia nella zona di calenzano (fattoria di collina) che a Sommaia. Il centro della vita agricola girava attorno alla villa-fattoria che raccogieva sotto la sua supervisione diversi poderi con le relative case coloniche. Nel '500 si arriva al formarsi di veri e ropri latifondi; esempio appropriato è il Borgo di travalle, tutto imperniato attorno al complesso rurale seicentesco, di proprietà degli Strozzi. Una vera e propria Villa con tutti i dovuti annessi (parco con fontane e ninfeo, mulino, magazzino). Più avanti su di una piccola altura la cappella di Santa Maria.
Bibliografia
Comune di Prato, Archivio Fotografico Toscano, I sassi acuti della Calvana, testi di S. Lusini, S. Nannicini, P. Chiozzi, Prato 1993
Associazione Turistica Calenzano, con il Patrocinio della Provincia di Firenze e del Comune di Calenzano, Calenzano Storia, arte, tradizione, ambiente alle porte di Firenze, 1999
Estratto dal mio esame di Geografia urbana e rurale con il Prof. Pancio Pardi
L'area interessata dall'analisi comprende la Val di Marina e le porzioni dei Monti della Calvana e di Monte Morello coinvolti per vicinanza e attiguità nel territorio del Torrente Marina e dei suoi due maggiori affluenti, la Marinella di Legri e la Marinella di Travalle. Eccezione il coinvolgimento delle propaggini di Monte Morello più "fiorentine" in quanto ricche di presenze insediative di alto pregio (infatti l'indagine fotografica è iniziata proprio da lì includendo le Ville in zona Castello).
Geologia
Dal punto di vista geologico, tutta questa porzione di territorio fa parte di un'unica unità geologica, denominata "Formazione di Monte Morello", costituita e riconoscibile nella carta geologica come alberese.
L'alberese è una pietra molto dura e contrariamente alle arenacea che costituiscono l'Appennino, non è porosa, non assorbe l'acqua. Questa caratterista di resistenza ha fatto si che nel corso degli anni sia stata diffusamente impiegata dall'uomo per realizzare manufatti come rocche, case coloniche, muri a secco, cisterne, e acquedotti.
Inoltre è proprio dall'alberese che si ricava calce e cemento, da qui la presenza di cave e stabilimenti di lavorazione come fornaci e cementifici.
La Formazione di Monte Morello, composta come si diceva da roccia sedimentaria, fa parte della Serie Toscana Metamorfica e non si è formata dove la vediamo attualmente, è alloctona. Si è formata in una fossa oceanica, la cui posizione originaria si ipotizza tra la Corsica e la Sardegna. Numerosi sono infatti i reperti fossili recuperati sia nella Calvana che su Monte Morello (piste di locomozione di vermi e invertebrati).
Durante la 1° fase "sedimentaria", iniziata 100 milioni di anni fa nel cretaceo superiore, si è riempita con materiale proveniente dal disfacimento della scarpata alpina. La parte più antica di questi sedimenti è la Formazione di Siliano, costituita da argilliti con irregolari ricorsi di arenarie, tra cui anche grandi lenti di arenarie compatte e resistenti che costituiscono la Pietraforte. Lo strato successivo, inizia a depositarsi 65 milioni di anni fa, nel Paleocene, si tratta calcare marnoso, marne e calcareniti che compongono l'alberese; sopra successivamente si depositano strati di argilliti, calcareniti e calcari, che vanno a costituire la formazione di Pescina, ritrovabile soprattutto nella parte est di Monte Morello.
Nell'Eocene medio, circa 45 milioni di anni fa, conclusa la fase sedimentativa, ha inizio la 2° fase "compressiva"; tutta la zona viene interessata da una forte attività tettonica, forse provenienti da ovest, hanno spinto queste formazioni verso est, a quel punto gli strati che fino ad allora si erano mantenuti orizzontali, vengono compressi, piegati, innalzati e capovolti. Alla fine del Miocene Medio, la Formazione di Monte Morello si trova nell'attuale posizione.
La 3° fase, quella "distensiva", ha inizio nel Pliocene, circa 5 milioni di anni fa, da origine ad una serie di faglie con direzione Nordest - Sudovest
Poi successivamente, circa 2 milioni di anni fa si è formato il Bacino lacustre di Firenze, il quale progressivamente si è riempito con i detriti portati dai fiumi, dando origine all'attuale pianura.
Morfologia
La Val di Marina è un ampia vallata dove scorre il Torrente Marina che insieme ai suoi due maggiori affluenti, la Marinella di Legri e la Marinella di Travalle, porta l'acqua alla Pianura alluvionale.
A ovest è delimitata della Calvana. I Monti della Calvana sono un complesso di monti, più o meno arrotondati, che si snodano per 25 chilometri dalla dorsale appenninica fino alla pianura alluvionale. La parte coinvolta nell'analisi è esclusivamente quella meridionale e per il versante del Comune di Calenzano che delimita appunto la Val di Marina. Partendo dalla pianura, troviamo il Poggio Castellare, la punta della Retaia, il Monte Cantagrilli, la vallata di Valibona, il Monte Maggiore la vetta più alta, e il Passo delle Croci, Monte Gennaro. Da qui il crinale cambia direzione e punta verso sud, ricongiungendosi a Monte Morello, che crea il limite est della Val di Marina.
La Calvana e Monte Morello hanno due aspetti decisamente diversi:
la prima, da Poggio Castellare a Monte Cantagrilli è decisamente brulla; la causa è da ricercarsi ne i frequenti incendi e nella scarsezza d'acqua. Infatti i numerosi rii d'acqua che l'attraversano solo saltuariamente sono percorsi da acqua, anche perché tutta la zona abbiamo detto essere formata da roccia calcarea, che da origine quindi a numerosi fenomeni carsici come doline, karen e inghiottitoi, tramite i quali l'acqua passa direttamente nel sottosuolo senza scorrere lungo i fianchi della montagna. È infatti frequente osservando le vecchie abitazioni ritrovare delle cisterne, nelle quali veniva immagazzinata l'acqua piovana.
Su quasi tutta la sommità del crinale della Calvana si estendono prati, che quando ancora l'agricoltura aveva un ruolo predominante per l'economia locale, fino agli anni '50, venivano tagliati per fare il fieno per l'inverno. Attualmente persa questa abitudine, la macchia sta riconquistando spazi.
Monte Morello invece appare come un massiccio verdeggiante. Questa diversità non è dovuta alla formazione geologica perché come abbiamo visto è la medesima. Le cause sono da riscontrarsi in una minore frequenza degli incendi ed ad un'opera intensa di rimboschimenti.
I fenomeni carsici su questo territorio sono numerosi, si incontrano cavità ipogee, sia su Monte Morello che sulla Calvana: 3 grotte sul primo e ben 43 solo in Calvana. È qui che praticamente ha inizio l'attività speleologica regionale. Spesso venivano adoperate dai contadini come fonti di acqua potabile o come frigoriferi naturali, ed anche come rifugio nell'ultima guerra, tanto più in Calvana luogo a cui le vicende partigiane sono profondamente legate.
Ogni grotta ha un suo ciclo evolutivo detto ciclo carsico che presenta tre fasi: la "fase giovanile" , legata alla percolazione delle acque sotterranee, "fase matura" durante la quale si allargano gli ambienti, si sviluppano le concrezioni e l'accumulo di materiali residui calcarei; "fase senile" quando non è più percorsa dall'acqua, che è scesa in profondità".
Numerosi, soprattutto in Calvana i fenomeni carsici ipogei, che si manifestano perché l'acqua piovana carica d'anidride carbonica esercita sui calcari marnosi un'azione chimica, oltre a quell'erosiva. Succede che il terreno roccioso è interessato da fessure che giungono in profondità e lasciano passare l'acqua piovana. Il risultato di questa forma erosiva si manifesta in superficie con depressioni ad imbuto dalla pianta circolare o ovoidale dette doline. È proprio per la prevalenza di queste formazioni che il crinale dei Monti della Calvana è ampio e rotondeggiante. Il loro fondo spesso è riempito da terreno argilloso, che per la caratteristica impermeabilità, può causare nelle stagioni piovose l'inondamento delle stesse e la creazione di laghetti. Ci sono anche forme minori di fenomeni carsici (microforme).
I Karen (campi solcati) sculture naturali, superfici calcaree nude dall'aspetto di solchi più o meno profondi.
Anche le cave sono presenze ricorrenti sia su Monte Morello che in Calvana. La formazione geologica ha nel corso dei secoli, favorito l'attività estrattiva. Già dalla seconda 1/2 del '500 questa attività è fiorente nel territorio. L'attuale impianto minerario di Settimello, l'unico ancora aperto, trae origine da una fornace Ginori aperta alla fine del '500, nella quale si produceva calcina, che fu adoperata anche per costruire il Ponte a Santa Trinita, fu li che ebbe inizio anche l'attività della Manifattura di Doccia.
Altra cava dalle origini antiche è quella di Carraia, vicino sorgeva la Fornace degli Alberti per la produzione di orci oleari e vinari per la vicina Fattoria di Collina, di proprietà dei Venturi Ginori Lisci. Era consuetudine che vicino alle cave, sorgessero fornaci o opifici di lavorazione, dove le esigenze dei ricchi proprietari richiedevano.
Nel 1910 vengono censiti ben 10 cave che producono la materia prima per il cemento. Un forte incremento fu dato dal cantiere della A1 che reperiva materiale sul luogo, vennero aperte nuove cave come Colle, La Chiusa e Pontenovo. Attualmente di aperto c'è solo lo stabilimento di Settimello.
Sono recuperabili, da un punto di vista paesistico esclusivamente le cave che hanno operato l'estrazione dall'alto verso il basso, creando gradoni per l'alloggiamento di alberi da rimboschimento. Ma in particolar modo le prime cave, hanno operato l'attività estrattiva dal basso verso l'alto e non ci sono gradoni.
Assetto paesistico e vegetazione
L'agricoltura, un tempo attività principale, è relegata oggi esclusivamente nel fondovalle, così che sia la collina che la parte montana, risultano scarsamente abitate.
Solo l'olivicoltura mantiene un ruolo di grande importanza, caratterizzando ampie porzioni di territorio spesso con la classica disposizione del terreno a terrazzi con muri a secco in pietra alberese. Nella zona collinare insieme agli olivi troviamo boschi misti di caducifoglie, con presenze di roverelle, carpino nero a Nord ed Orniello a Sud. Su pendici settentrionali e più favorevoli, la roverella può cedere il posto al cerro. Si trovano in modo sporadico, l'acero e l'olmo campestre, il leccio.
Fino a quando l'agricoltura aveva il suo ruolo predominate, anche il bosco aveva un ruolo importante,in primo luogo per l'approvvigionamento di combustibile, era mantenuto perciò a ceduo e tagliato ogni 10-15 anni. In prossimità degli insediamenti rurali venivano mantenute alcune piante dette matrici per la legna da opera, e per fare ghiande per l'allevamento suino. Era una risorsa perpetua perché le piante avevano la capacità di rigenerarsi, mettendo i pollini o dal ceppo o dall'apparato radicale, ricreando un identico soprasuolo. Il perpetuarsi di questa operazione, in particolar modo in terreni scadenti e con pendenze elevate, ha portato al degrado del bosco in una rada boscaglia di arbusti.
Il boom economico degli anni '50 ha portato all'abbandono delle campagne e all'interruzione dell'attività agricola, in particolar modo nelle zone con seppur minime difficoltà. Gli ex coltivi sono oggi invasi da arbusti come la ginestra, il prugnolo, il biancospino, il sanguinello, i rovi.
Con la riduzione dell'attività agricola si ha anche l'abbandono dello sfruttamento del bosco. Attualmente si ha una ripresa dell'attività forestale alle pendici di Monte Morello, dove il bosco assume la classica forma a scacchiera per i periodici interventi di taglio.
Un esempio caratteristico di quello che doveva essere l sistema agricolo locale rimane nel borgo di Travalle, qui si ha la sensazione che il tempo si sia fermato; la zona pianeggiante è utilizzata per l'agricoltura intensiva di cereali e leguminose, la coltura della vite è maritata con l'acero campestre, lungo i canali di scolo dei campi si trovano canneti o filari di salice rosso annualmente potato per la rilegatura della vite. Le abitazioni sono case sparse, dominanti sul podere, in posizioni soleggiate ed aperte.
Sopra il bosco di quercine si hanno differenze se siamo su Monte Morello o sulla Calvana. Su Monte Morello i disboscamenti avvenuti fin dal 1800, hanno causato un grave dissesto idrogeologico. Fin dagli inizi del secolo si è lavorato per la messa in sicurezza idraulica del territorio con un enorme opera di rimboschimento. Fu uno sforzo elevato, perché si andava ad operare su terreni dove il suolo era sottile, addirittura assente o povero. Per la facilità di riproduzione il vivaio, la facilità di attecchimento, la rusticità fu usato le conifere, in particolare il cipresso. A posteriori questa scelta è stata più volte contestata per l'estraneità della specie con il paesaggio. Oggi infatti un comprensorio piuttosto ampio che fa da cornice alla piana fiorentina è caratterizzato da formazioni boscate a conifere in particolar modo a cipresso. Tra le conifere adoperate per il rimboschimento troviamo anche il cedro, il pino domestico, l'abete bianco. Meno diffuse le latifoglie: roverella, leccio e cerro.
Mentre in Calvana, la storia è diversa, la parte sommitale caratterizzata dalla presenza di doline era in passato coltivata e i prati erano falciati periodicamente. In epoca recente si è radicata profondamente l'attività della pastorizia (ovina, bovina ed equina), condotta da gruppi sociali non alloctoni, di nuovo insediamento. Tale attività, praticata durante tutto l'arco dell'anno, è estranea al sistema territoriale. Ciò crea una particolare situazione di degrado, che compromette la sopravvivenza del sistema a prati.
Qui il rimboschimento ebbe un impatto ridotto. Risultati ne sono le frustaie di pino nero del Monte Maggiore e in loc. Casaglia (La Regina del Bosco).
Il cipresso caratterizza a tutte le altitudini gran parte del territorio, sia isolato che mescolato con latifoglie cedue e conifere.
Tra le formazioni pure sono da menzionare le cipressete di Settimello e Travalle. Sono state selezionate e classificate come riserva biogenetica, ossia boschi per la riproduzione del seme per la riproduzione della specie, recentemente messa a rischio per il fungo patogeno chiamato "cancro corticale".
Insediamenti
Zona Val di Marina
Si ha notizie degli insedamenti più antichi ad opera di popoli Liguri che si insediadiaro tra il Torrete Marina e il Fume Bisenzio.
Furono spinti verso nord dalla dominazione Etrusca, il cui resto più prezioso è il "cippo di Settimello" oggi al Museo Archeologico di Firenze; si insediarione prediligendo l'area collinare.
Alla dominazione Etrusca segue quella romana: numerosi i toponimi che lo svelano, da Quarto, Quinto, Sesto, Settimello, Limite. Su questo territorio si snodano importanti assi viari romani, La Cassia , verso Lucca, e l'arteria per il valico appennino che passa dal Passo delle Croci. È da questa zona collinare, ricca di acque che partiva l'acquedotto che alimentava Florentia, era in gran parte sotterraneo e attingeva l'acqua in loc. La Chiusa. Ci sono ancora tracce dell'importante opera idraulica.
Toponimi come Castellare o Castiglione sono memoria di castelli o luoghi militari bizantini e poi longobardi.
Dall'alto Medioevo si innesta sul territorio il sistema organizzativo delle Pievi.
Le Pievi raggruppavano sotto la loro supervisione diiversi Popoli, spesso si collocavano lungo le vie di comunicazioni, in posizioni strategiche; erano centro religioso, socioeconomico, e politico del territorio. Il territorio attualmente sotto il Comune di Calenzano era diviso in tre Pivieri: quello più vasto e ricco di rendite è la Pieve di San Donato risalente al IX secolo, infatti il santo a cui è dedicata la chiesa è di epoca longobarda; la chiesa sorge su di un altura, lungo il percorso romano di valico appenninico. Fu patronato delle più ricche famiglie fiorentine, tra cui anche i Medici, che nel '400 restaurarono radicalmente l'edificio costruendo la Villa annessa. Raccoglieva 11 chiese, alcune attualmente rintrano sotto altre pertinenze ( Prato e Sesto) altre scomparse o sconsacrate. La seconda Pieve è quella di San Severo a Legri, probabilmente molto più antica del suo aspetto romanico attuale risalente allXI/XII secolo; sorgeva lungo un importante via di collegamento verso il Mugello. La terza era la Pieve di Santa Maria a carraia, completamente snaturata nella suo configurazione originaria del 1000 (addirittura è stato invertito l'orientamento).
Dall'XI secolo accanto al sistema territoriale dei pivieri si innesta quello dei Castelli.
Il Castello di Calenzano ha una evoluzione complicata:
1a ipotesi. Nasce nel 1191 per volere dell'imperatore Enrico VI, che lo affida ai Conti Guidi di Modigliana, allo scopo di mantenere un certo grado di autonomia di questi territori, che si sono ampliati successivamente al M. Morello, Legri e Travalle, dalla vicina Firenze. Sorge un primo livello di incastellatura nel punto più alto della Val di Marina contrapposto alla collina di San Donato. E un "Castro", un castello dalla funzione militare. È ancora presente la porta al Serraglio, e la seconda porta di questa prima cerchia è inglobata nel campanile di San Niccolò.
2a ipotesi. Nel 1325, al passaggio di Castruccio Castracani, il Castro di Calenzano è completamente distrutto e si provvede a ricostruirlo rafforzato e ampliato. Si costruisce una nuova cerchia e una "porta nuova". Numerosi gli edifici di enorme pregio, in particolare per le loro belle murature in albere.
o '400, con il cambiamento delle condizioni politiche il borgo fortificato perde la sua funzione di avanposto militare.
Altro Castello è quello di Legri che sorge su si una altura dal quale domina anche la pieve.
Insieme ai castelli, su tutto il territorio si trovano freguenti torri fortificate, avanposti di vedetta nei punti di accesso al territorio pedomontano: la Torraccia (bn visibili ancora la struttura abeccatelli dove si innestano i merli), la Torre di Collina, sono tuttora presenti, a Sommaia, la Torre di Baroncoli, a Loiano, inglobata in una abitaione, e a Leccio. Nel '300 conseguentemente alle nuove vie di comunicazione di vondovalle, preferite a quelle pedomontane, questi luoghi perdono di importanza.
Si ha memori anche di un terzo castello, completamente raso al suolo in seguio ad una battaglia, quello di Combiate, sul Passo dele Croci.
Nel '400, si ha un forte processo di poderizzazione che coinvolge tutto questo territorio, dedito prevalentemente all'agricoltura e all'allevamento. Si crea una fitta trama di frammentari poderi, riuniti in grosse proprietà delle famiglie calenzanesi e fiorentine, che creano grandi movimenti di capitali nell'agricoltura del contado. Esempi sono i capitali della famiglia dei Ginori, presenti sia nella zona di calenzano (fattoria di collina) che a Sommaia. Il centro della vita agricola girava attorno alla villa-fattoria che raccogieva sotto la sua supervisione diversi poderi con le relative case coloniche. Nel '500 si arriva al formarsi di veri e ropri latifondi; esempio appropriato è il Borgo di travalle, tutto imperniato attorno al complesso rurale seicentesco, di proprietà degli Strozzi. Una vera e propria Villa con tutti i dovuti annessi (parco con fontane e ninfeo, mulino, magazzino). Più avanti su di una piccola altura la cappella di Santa Maria.
Bibliografia
Comune di Prato, Archivio Fotografico Toscano, I sassi acuti della Calvana, testi di S. Lusini, S. Nannicini, P. Chiozzi, Prato 1993
Associazione Turistica Calenzano, con il Patrocinio della Provincia di Firenze e del Comune di Calenzano, Calenzano Storia, arte, tradizione, ambiente alle porte di Firenze, 1999
Estratto dal mio esame di Geografia urbana e rurale con il Prof. Pancio Pardi