30 agosto 2006

UN FILO D'INDIA. L'andata.

Mi accomodo al finestrino, sono accanto a Cristina, due parole di cortesia, una breve conoscenza, incredibile ancora prima del decollo mi si chiudono gli occhi. Cedo al sonno e mentre entro nel dormiveglia sento che l’aereo acquista velocità. Il viaggio è breve, in un’ora circa siamo a Vienna. Questo viaggio è appena cominciato e mette insieme già troppe coincidenze, tappe importanti del mio passato, Genova e Vienna.

Il secondo aereo da veramente l’impressione di essere capace di portarci in India. Stavolta sono al centro del corridoio accanto alle sorelle O. Non nascondo la preoccupazione, non ho fatto che voli brevi, chissà come mi prende per tutte queste ore, certo se succede come sull’autobus per le manifestazioni che dopo un po’ sclero e dobbiamo fare la sosta all’autogrill, dove minacciano sempre di lasciarmi, qui è un po’ un casotto… peccato con il finestrino mi sarei distratta un po’. Mi piace guardare la terra dall’alto, acquista una sua dimensione, intera e parcellizzata in minuscole toppe di vita allo stesso tempo. E le nuvole? Non sono bellissime viste da vicino?! Nel primo tratto di volo in cui ho potuto guardar fuori abbiamo fatto proprio un tuffo dentro una nuvola, speriamo di uscirne solo alla fine di agosto.
Sulla fine, il viaggio aquista una dimensione interminabile, il libro non entra, Hesse per cortesia! Jarrett in mp3 ha fatto il primo giro, tre parole con le mie vicine, il sonno che non arriva, questo cuscino a ferro di cavallo che non serve a nulla e zampetto un po’ per il corridoio… cibo, sull’aereo ti rimpizzano in continuazione. Volo per l’India cibo vegetariano, perché no?
Quanti bambini su questo volo, una madre indiana da sola con il bambino di pochi mesi è costretta ad affidarlo più di una volta alla bionda hostess austriaca, a cui non pare vero di spupazzarsi quel bambolottone ambrato dagli occhi grandi. Un giovane padre sikh è completamente dedito al piccolo figlio di un anno che scorrazza per i corridoi.

Ci siamo, Mumbay. Odore di India, avevano ragione tutti quelli che me lo avevano annunciato. Sembra di entrare in grande negozio di droghiere, anche ben fornito, ma un po’ vecchiotto, si sente l’umido, la muffa. L’immagine fissata è del pavimento in linoleum verde e la luce al neon, come in un film con la pellicola un po’ deteriorata. Fatte le dovute soste, immigrazione, toilette, ritiro bagagli, change money, sigaretta alla bocca sono e siamo pronti per l’aria non condizionata.
Letteralmente inglobati da una atmosfera caldo umida e speziata che non ci lascerà più. Non è solo l’aria che ci stordisce ma la folla, il rumore, il brulicante stormo di gente che aspetta fuori dall’aereoporto pure essendo tarda serata.
Giungiamo fino al pulmino e qui c’è il primo approccio con i mendicanti. L’inizio di un lungo e difficile rapporto. Non è mia abitudine regalare denaro, nemmeno in Italia, non penso sia un gesto risolutore per chi riceve ma quando consolatore per chi lo effettua. Alla ragazza che mi chiede la sciarpa bianca non faccio storie. Se la mette subito al collo e contina a chiedere ad altri. Ne sentirò subito la mancanza, l’aria artefatta del pulman mi ferisce la gola. Sul tragitto dall’internazionale al domestico fioccano i bip bip dei cellulari che riprendono vita e come esimersi dal mandare sms a casa o agl’amici tanto tartassati su questo viaggio?
Al domestico ci accomodiamo sulle delle poltroncine per passare qualche ora in attesa del volo interno per Udaipur, prima destinazione. Qualcuno si accomoda per riposare e altri per chiaccherare, io recluto fumatori. Non siamo molti, appena 4. Specchio di quella minoranza che orami siamo diventati.

Io e Anna, su di una porta laterale sotto l’occhio di un militare attento, a fumare una gustosa sigaretta. Mi piace Anna, mi è sembrata subito una faccia familiare, ho avuto la sensazione di conoscerla già. Ha un volto dolce, morbito e tondo, coronato da una frangetta precisa e spietata, che stride ma ben si armonizza ai suoi tratti. Un po’ per questa sensazione a pelle, un po’ perché ha dei modi molto gentili, riesce a mettermi subito a mio agio e dalla banale domanda “che fai nella vita” le snocciolo alcuni dei miei problemi. Semplicemente. Il mio lavoro mi piace molto, è creativo, dinamico e lascia molti spazi di autonomia, ma nel corso degli anni è sempre uguale a sesto e rischia di non darmi più spunti di crescita. Allo stesso tempo ho tanti percorsi aperti compreso lo studio che vorrei chiudere o approfondire e mi ritrovo a disperdere energie in modo non futtuoso. Ovviamente Anna non ha la risposta, ma ha il sorriso di chi ascolta e anche l’occhio di lungo per beccare il primo topolino del nostro viaggio Hindu! Rientriamo, ufficializzando l’ingrandimento del gruppo fumatori per fronteggiare eventuali quantità superiori di roditori!
Qualche chiacchera raccolta in quà e là, sento parlare di Turcia e Ararat, poi la pioggia, il primo monsone si abbatte sui vetri strutturali della stazione il rumore diventa assordante, l’acqua sul vertro ipnotica. L’impulso è correre fuori e a quanto pare non l’ho solo io… qualcuno si prepara, k-way, cappello.. m’aggrego! Come evitare, abbandono tutto, zaino bagagli, tanto non siamo un gruppo, qualcuno guarderà e andiamo verso l’uscita per vedere l’acqua. Giusto a tempo per l’ultimo scroscio. Facciamo due passi per la piazza davanti alla stazione, osservia l’ormai rallentato traffico notturno, ok siamo in una città di 15 milioni di abitanti ma ad un aereoporto interno e alle 3 la notte! “cavolo ragazzi, le 3, ma a che ora abbiamo il volo? Potremmo anche dormire un’oretta…”.
Quando la vita della stazione riparte ci aggreghiamo, nuova fila al controllo bagagli, stavolta li sigillano, nuovo chek-in. Sorpresa! Over booking! Già... tre di troppo, io tra loro. Poteva essere diversamente? Dovevo chiamarmi prezzemolo! Massimo stila due piani. Il primo ci vede a terra, noi tre compreso lui ad attendere il successivo volo per Udaipur il giorno successivo e il gruppo procedere con le visite già fissate, e questo è nella peggiore delle ipotesi. l’altra è di lavorare ai fianchi la resposnsabile dei voli tramite il corrispondente. Chiama subito il fantomatico corrispondente indiano Darren per fargli presente la faccenda. La parte del gruppo auorizzata procede all’imbarco, noi rimaniamo a guardare la gente che scorre davanti allo sportello.
Fino alle 5.55. In quei 5 minuti che mancano alle 6.00, il personale ci imbarca i bagagli, almeno una parte, ci prende fisicamente, ci scorta, ci fa passare in mezzo alla folla, ci controlla i bagagli a mano, mi sequestra gli accendini che mlracolosamente riesco a rintracciare in un temo record di secondi nello zaino e ci traghetta con la navetta su un piccolo aereo dove liberi, ci aspettano gli ultimi posti in fondo, quelli sul motore. Fiondati a sedere, il sedile ci ingloba e l’aereo parte. Due parole con Mario, assorbo della colazione molto indu e perdo i sensi, oramai cosciente di essere in territorio indiano e diretta alla prima meta. Udaipur.