19 settembre 2006

UN FILO D'INDIA. Orcha, un incontro animico

17 agosto. Lasciate le stelle a notte fonda, ho trovato alcova nella nichia da narghilé o come si scrive. Le mie compagne di stanza già russavano, non dico chi nemmeno sotto tortura, ma una aveva il respiro pesante. Mi ha vinto un sonno irrequeto, agitato, dove anche il canto dei grilli non era semplice disturbo ma una martellante colonna sonora di inquetanti e fobici pensieri. I grilli, gli insetti, gli animali, i serpernti, la finestra vicina, il rifiuto, il caldo, la polvere, il lenzuolo che non c’è, il rifiuto, il lucchetto da diario segreto, la pala per l’aria non arriva, il materasso, la muratura. Alle 5, non era più il caso di accondiscendere a questa tortura e mi sono ribellata. Ho salutato questo debole Morfeo che ha aperto le braccia senza esitare. Alba a Orcha. Bocconi di nuvole illuminati di rosa (dicesi bocconi di nuvola: quei piccoli morsi di morbida materia bianca che galleggiano nella glassa rosata del cielo dell'alba, e che spesso riportano anche una profuma spolveratina di nuovo sole, fresco fresco di giornata...), dal basso, come un calore che si accende. Prendo la macchina fotografica, due scatti alle nuvole e faccio due passi. Penso: “potrei anche uscire, potrei… se mi fossi vestita, azz!” in albergo posso anche girare in pareo da mare, ma per le strade di questo piccolo paese non è il caso. Già ieri sera non ho avuto la forza di trovare il pigiama.
Bene sono le 5.30, sono ben sveglia e qui fa già un caldo cane! Yoga: il pareo ce l’ho, lo adopero come tappetino e il resto si vedrà, magari mi calmo. Quando mi accorgo che sotto il portico ci sono anche le ventole è già tardi. Alle 5 del mattino e dopo una prima doccia sono già "mèzza" di sudore. Saluto all’alba, un obbligo con quelle nuvole rosa?! È un lavoro sottile, sincro di respiro e minimo movimento. Ho iniziato a fare yoga tre anni fa e non avrei mai pensato che potesse diventare così importante. Ho iniziato per riempire un momento vuoto, non un vuoto di tempo ma di passione. Prima è arrivato l’incontro con Paola, la mia maestra, e poi un graduale amore per la disciplina, consolidato con la pratica, l’abbandono e il respiro, che a un certo punto, prende forza e diventa te. Vorrei proseguire con il corvo, in omaggio al mio pubblico di pennuti neri, radunato sul tetto della stanza di fronte, ma riesco a malapena a tenermi in equilibri sulle mani con i ginocchi sopra le spalle. Passiamo a qualcosa di più semplice, la locusta, shalabhasana, la mia preferita, poi l’albero, vriksana, come ignorare tali colossi in questa terra e aditi, la madre terra. Ma yoga non è solo asana, è una bella parta, quella che arriva a noi occidentali sotto forma di ginnastica. Yoga è unione e distacco, un insieme di precetti e regole per la una vita sana, armonica tra corpo e spirito.

Quando approdo nuovamente in questa dimensione è ancora troppo presto per tutto, libero spazio solo ai pensieri e alla lettura. Questo Siddharta, affronta di tutto, ma non scorre. Qualcuno me lo dovrà spiegare tutto il suo valore di questo libro priòa o poi. Ognuno ai propri limiti, ogni soggetto se li crea e se li distrugge. Uno dei miei limiti sono i libri di cui si è parlato troppo, una paura di trovarli vuoti? Non c’è niente da accettare, è così, è un limite e basta, come molti altri. I limiti difficili da accettare sono quelli che ti pongono gli altri e che non dipendono assolutamente da te. Accettare è il limite più difficile che superarlo o porlo, è sopra di te e non puoi fare. Ci vuole semplice onestà. Sembra cosa da poco, ma non lo é. Accettazione. Può apparire più facile mentire, accondiscendere o travisare, magari anche in buona fede, ma non paga, quanto paga essere onesti, con se e con gli altri. Paga con una moneta inesauribile. Modesti? Ma fino a quando? Quando è che subentra vittimismo e sottovalutazione? Il limite da quale trincea è segnato?
Il rifiuto. Rifiuto di questo non poter agire, di non essere parte dell’azione. Rifiuto del proprio poter essere.
Ahhh! Ho capito che Orcha è “l’anima dell’india” ma che sia in amore/odio con la mia?! Che ho fatto di male?! …a che ora servono la colazione? vi prego?! Dov’è il bello ma truce?! Almeno lì le aspettative sono terraterra… sempre che inconsapevoli segnali siano stati lanciati e raccolti. Ma non è che di questi segnali ne sto lanciando anche altri? A volte ho l’impressione di incrociare sguardi o di lanciarne di particolari, ma sono del tutto inconsapevoli? A questa domanda non sono in grado di dare risposta, ma prendo una decisione: tornare animale di branco.
E finalmente arriva anche la colazione, se Shiva vuole! Torna pure il mio amico, ma lo perdo di vista, quest’agosto gli ormoni sembrano in ferie… Partiamo vi prego, andiamo per palazzi, templi e mercati, svegliatevi, non ne posso più della mia isolata solitudine!

Finalmente pietra, terra e cemento. Solidi manufatti concreti e geometrici. Arriviamo varcando il ponte sulla Betwa, un affluente della Yamuna (mi rimane simpatica questo fiume femmina :-)) ai due palazzi di Orcha, Jahangir Mahal, che visitiamo per primo e il non meno splendido Raja Mahal. Godo di queste simmetrie, mi posso permettere di scegliere vie alternative nei percorsi della guida perché l’edificio è occidentalmente leggibile, anche se indianamente sconnesso. Un cortile quadrato sul quale 4 padiglioni angolari sormontati da una cupola arabeggiante dove gli avvoltoi fanno da padroni. È in restauro, anche qui uomini e donne si affaccendano con placidi ritmi ai loro lavori. Non mi aveva mai appagato così la simmetria, a dire il vero non mi era nemmeno mai rimasta simpatica, né ne avevo mai sentito così bisogno. Sono 14 giorni che sono in India e già sento la mancanza dei miei riferimenti architettonici d'occidente. L’altro palazzo ci regala preziose pitture, e se vogliamo parlare di mancati riferimenti qui potremo dilungarci a lungo. Questi decori azzurri hanno lo stesso fine delle “grottesche”, arredare con echi preziosi alla mitologia, ma gusto completamente diverso.
Prossima tappa la città, passando dal suo vuoto Chaturbhuj Temple. Altissimo sopra la ripida gradinata domina il bellissimo panorama dove il fiume serpeggia tra batuffoli di verde e pinnacoli di pietra. La guida dice che qui vicino c’è addirittura una collina, Sonagiri, con 77 templi jain sorti in onore dei “tirthankara”, i traghettatori. Butto là la cosa al lucertolone ma niente. Non incuriosisce nemmeno come cambio programma. Ma cosa può riservare questa terra? Io non ho parole. 77 templi su una collina?!
Lo sconcerto è tale che per recuperare la dimensione occidentale mi dedico, ma con me diverse altre persone, allo shopping convulso. Non riuscendo a trovare nessuno per farmi i tatoo all'henne, mi accontento dei timbi sulla mano destra! Il beneficio generato dall’ora di yoga mattutina si è esaurito. La ricerca delle sigarette ne è un sintomo, trovate le Camel ne compro apeso d'oro, tre pacchetti. E per fortuna che con il valore della rupia, anche con lo shopping convuloso è difficile farsi male. Anche se i vizi rimangono, tipo comprare un paio di ciabatte del numero più basso solo perché s’intonano al vestito comprato a Jaipur. Sulla strada del ritorno verso l’albergo ho la stessa aria sfatta del primo giorno dei saldi.
In albergo, recuperate le uova sode del pranzo, partiamo direzione K H A J U R A H O! L’ acclamato centro tantrico famoso per le sue sculture erotiche e per la bigliettaia del complesso sud, a pare del lucertolone vero.... Questo me lo sento proprio scivolare (perdonate l'espressione)… sarà un flop! Prima o poi deve arrivare questa fregatura non può mica filare tutto così liscio?! Aspettative realizzate, luoghi entusiasmanti, compagni di viaggio piacevoli e non "piattoloni", aspettative confermate… quando arriva l’inghippo?! Più in là si fa e peggio è! Dopo la scoperta della bontà dell'ovo sodo con il sale, da non dire allo Squillo please, c'è una decennale diatriba in corso... M’addormento quasi subito sull’autobus. Che bella cosa, quando arriva il momento, cado a pera, istantaneo arriva il sonno e dolore alla cervicale. Avvolte mi spaventa, è un sonno talmente profondo in posizioni precarie che sembra impossibile.
Leggerezza, è la mia vacanza, il primo viaggio in India! Cosa sono tutte quelle elucubrazioni mattutine?! Sciò! Ho delle mie semplici domande a cui rispondere, ho i compiti per le vacanze, vero Cate? Torniamo lì con la testa, semplicemente a quello che conosco, evadiamo queste gelosia, questi termini di paragone. Anzi, di più. Se a questo si arriva, è perché c’è un riconoscimento di enorme valore nei confronti di altri e allora appropriatene! fai in modo che sia elemento a tuo favore. Invitati a condividere e non produrre invidioso allontanamento.
Ridai le carte, e con questo asso di mano, la vita, il viaggio, sarà un altro gioco. Croupier?!

La fregatura, se così si vuol chiamare, arriva in serata, con la sostituzione della danza classica indiana con un musical boolliwoodiano. Bha, che dire?! da ignorante quale sono, la differenza forse sta ...nel ritmo?
Devo aver perso ormai il sonno, quale divinità del pantheon hindù mi potrà aiutare? il feeling con le mie compagne di stanza è collaudato. Ci sono alcuni riti: lo sbarco in camera, la presa di posizione di angoli strategici, il turno per la branda aggiunta… quando c’è ovvio, l’attesa delle valige, la prima ad entrare in doccia e l’arrivo della branda con i terzi asciugamani. Ma quello più corroborate è il rito imprescindibile delle chiacchere notturne. Sono inevitabili, vitali come l’esigenza di comunicare il proprio punto di vista rispetto a questa terra sconvolgente.