Avrei voluto scrivere della giornata di ieri.
Avrei voluto mettere insieme le tante cose viste e le emozioni sentite.
Avrei potuto cominciare dalla mattina e dalla sua agitazione, continuando per il viaggio e l’arrivo, per le tante facce pallide e senza trucco, per gli occhi gonfi, per gli ombrelli e la loro ritmica danza con il cielo.
Avrei potuto parlare delle preghiere e del rifiuto che generano in me, dell’omelia laica e fraterna, delle parole dell’amico compagno di vita e della Tua emozione alla parola figlia, della forza delle mie mani sulle tue e del nostro affetto.
Avrei voluto parlare di quelle bandiere a mezz’asta, listate a lutto, delle parole dei leader impostate o spontanee che rullano dalla facciata della chiesa, in un moderno don Camillo e Peppone. Parlare di quei sorrisi che ogni tanto incroci in queste folle, di quelle belle facce che ti toccano il cuore, perché con te condividono qualcosa. Parlare degli abbracci e della loro forza, degli applausi, che salutano l’uomo e il suo lavoro, la sua generosità.
Tanto e non solo bello. Tanto si poteva dire.
Il fatto pubblico è concluso, restituiamo il marito e il padre, al dolore delle donne.
Cito solo per ricordare e tenere fermo queste emozioni, quelle immagine che avrei voluto cogliere con l’obbiettivo e che non sono stata capace di fermare.
Ci vuole cuore e forza per fermare il dolore.