by Angelo Maria Pirone (Roux65) – dicembre 2006
Mi capita spesso di intrufolarmi per vicoli e vicoletti: un po’ per curiosità e spesso con l’illusione di fare prima. E puntualmente finisco col perdermi. Si sa che io e il senso dell’orientamento facciamo a cazzotti.
Proprio giorni fa è successo di nuovo.
Ho fretta, una maledettissima fretta: un appuntamento alle 12.00 con l’avvocato. Un fascio di carte sotto braccio, il solito affanno (devo mettermi a dieta, lo dico sempre), gocce di sudore che mi imperlano la fronte e il labbro, faccia da schifo. Insomma un rottame affannato che continua a fissare l’orologio del cellulare e a muoversi in fretta, con la pia illusione di bloccare il tempo e giocare un tantino di anticipo.
Arrivato in Piazza Aldo Moro, il dilemma di sempre: andare a destra e allungare quel tanto ma almeno certo di sapere la strada? O a sinistra per infilarsi in Vico dell’Oca? Enzo, il mio amico, m’ha sempre fatto ‘na capa tanta col fatto che di là si vola, che al tribunale ci arrivo in un nulla, che non posso sbagliare perché, giunto alla chiesa madre, basta svoltare a destra e zac! il portone me lo trovo di faccia.
Penso, penso, penso… non so che fare. Un passo avanti… no, indietro, vado di là per Via Verdi, la conosco, è sicura… ma no, cazzo!, è troppo tardi, non ce la farò mai.
Guardo di nuovo il cellulare
- Fanculo le 12 meno 5: tardissimo!
Ed ecco che imbocco il vicolo.
Corro, corro, corro!
Passo dinanzi a portoni, botteghe, facce di gente indaffarata, piedi di persone nulla facenti.
Urto una vecchia, anzi no, la spingo di brutto. Cade. Cadono le mie carte.
- Cazzo! Fanculo! Scusi… non volevo! Mi perdoni il linguaggio, ho fretta
Raccolgo le carte, anzi no, la vecchia. L’aiuto a rialzarsi, farfuglio ancora scuse, le accomodo il cappotto, le raccolgo la spesa. - Fanculo! - m’è caduto pure il cellulare.
Mi scuso ancora - … la fretta!
E poi ricomincio a correre e mi guardo attorno. Non riconosco più nulla… non è quella la strada.
- Mannaggia a me! Ma come cacchio ho fatto?
Ho sbagliato a girare, proprio lì, dove son volate le mie carte e la vecchia. Devo tornare indietro.
Il cellulare squilla, anzi no, ringhia! È la sveglia che ho messo, impietosa, che ricorda che ormai sono le 12.00. Non posso proprio mancare: all’avvocato quel fascio di carte serve altrimenti addio giudizio e rinvio.
E allora corro. Ecco un altro vicolo, mi sembra giusto, lo imbocco, vedo una cupola.
Si!, la chiesa madre. Inseguo quella maledettissima cupola… il tribunale è lì dietro, è fatta!
Giro ancora: a destra poi a sinistra. Il percorso è obbligato, una corsa ad ostacoli… non ho scelta. Cumuli di munnezza mi sbarrano la strada.
- No! Nooooo! Un’altra cupola! Uguale all’altra! E adesso? – E riguardo il cellulare – Porca paletta, le 12 e 10! Stavolta mi uccide, lo so
Non so che fare… La cupola a destra o quella a sinistra? In questi vicoli non si capisce nulla. Tutti uguali. Palazzacci alti, poca luce, panni stesi e se guardo poco più alto, la striscia di cielo diventa una lama accecante nella penombra assoluta.
Vado ancora avanti… Portoni, altri vicoli, altre facce. – Fanculo, mi sono perso del tutto
Il telefono squilla feroce. Lo porto all’orecchio. Urla.
- Abbassa la voce… si ho capito, sono una testa di cazzo, chi ti deve sentire?
Mi sono perso… si… l’udienza… e il giudice?... Ah! Non è venuto?... E che ti incazzi a fare?
Mi sono perso, al solito, non so manco dove sto!... La vecchia… come che c’entra la vecchia?... se mi fai parlare ti spiego… si… ho buttato a terra una vecchia, non l’ho vista… fortuna non s’è fatta niente… si… comunque dopo la botta mi sarò distratto… ma no… e fammi parlare, cazzo!... dicevo ho raccolto le carte a terra… si! cazzo… ho controllato, non manca nulla… siiii! c’è pure la cartelletta blu, quella con gli assegni, statti calmo… dicevo, per pensare alla vecchia mi sarò distratto e non mi sono accorto di avere imboccato un altro vicoletto… ho continuato a correre… poi ho visto la cupola della chiesa… si, quella smaltata di verde… e poi, un’altra!
Scusami.. ma quante cacchio di cupole ci stanno vicino al tribunale?... Una?... Come una?... ne vedo due… O cavolo! Allora ho proprio sbagliato! E dove sto?... come non lo sai? Aiutami!... devo chiedere? Ma qui non ci sta nessuno, è uno slargo abbandonato, ci sta solo munnezza e panni stesi…
Vabbuò! Senti, chiudo che si sta scaricando il cellulare… vedo di cavarmela da solo e provo ad uscire di qui … si ho capito, non l’ho perso la cartelletta… ok… ci si vede oggi… speriamo che becco qualcuno, qua, fra poco, è ora di pranzo… stanno tutti con la capa nel piatto…se no a chi chiedo?... Boh!… Ciao!
E allora mi sono fermato del tutto, le mani madide di sudore. Prendo un fazzolettino di carta, m’asciugo e mi guardo attorno. Riguardo l’ora: le 12 e 40.
- ‘Ndo cacchio vado? – non ne ho la più pallida idea, ma disperarsi neanche serve a nulla. L’appuntamento è saltato e ho una mezza giornata davanti prima di tornare allo studio. Decido dunque di prenderla comoda.
Sbottono il colletto della camicia e ripasso il fazzolettino sulla faccia. Sono troppo sudato. Fortuna che non fa freddo come i giorni passati. Mi avvio lentamente e scelgo una direzione a caso, tanto più perso di così non si può. E intanto il mio stomaco brontola dalla fame.
Cammino piano e mi guardo intorno. Sono stupito.
Una miriade di piccole botteghe artigianali e negozietti di cianfrusaglie varie. Non c’ero mai stato qui e mi accorgo che poi non è niente male. C’è un po’ di tutto: dall’abbigliamento ai giocattoli alle salumerie. Persino una piccolo negozio di caramelle, con la vetrina vecchia come il cucco e tutti i barattoli di vetro in bella mostra, con caramelle di svariati colori. Quasi quasi…
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Le situazioni descritte sono esclusivamente letterarie e la comparsa di personaggi e situazioni é da considerarsi come un prestito all'immaginario creato dalla realtà.
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Prima edizione ne "Le Orchidee"