26 gennaio 2007

UN FILO D'INDIA A SUD. “Prima di partire per un lungo viaggio…” (prima parte)

<>
23 dicembre 06, Sedile n.12, volo Aeroflot Malpensa-Mosca.

Sono schiacciata tra il finestrino e un tipo grande e grosso, probabilmente un indiano alimentato all’italiana, che parla extracomunitario, cioé quelle poche, essenziali parole della mia lingua, in modo incompleto, senza coniugazioni, sgrammaticato. Non che mi ci trovi male.
Non abbiamo molto da dirci, io di solito dormo e poi, anche se parlassi, non potrei certo insegnargli un linguaggio forbito.

Sono già passate due ore dall’imbarco e non ho ancora preso sonno. Non dormo, che anomalia!

Di solito mi addormento ancora prima del decollo, ed invece, ho già letto qualche pagina di uno dei tanti libri che ho dietro. Ho iniziato dal più noioso - L’India mistica e leggendaria di Frédéric Louis - chi non dormirebbe?!
Quest’aereo è un po’ scassato, ci sono delle guaine tipo bottiglie di plastica, a tenere insieme i fili che escono dai sedili. Però il pilota è stato bravo. Avrei potuto dormire, non mi sarei nemmeno accorta del decollo.

Non dormo e allora penso. Locuzione inversa di cogito ergo sum.

Qual’è la genesi di questo viaggio?
Perché mi trovo ad andare in India a così breve distanza dal precedente viaggio?

L’idea del viaggio è nata molto tempo fa, ma nemmeno troppo. Come mi accade spesso, ancora prima di godermi la vacanza che mi attende, la mia ingordigia, mi porta a desiderarne un’altra successiva. È accaduto a nord quest’estate: durante il tragitto nell’India settentrionale si è acceso il desiderio per meridione del subcontinente. Nord e Sud descritti come due percorsi complementari e inscindibili. Sarà così?

La fattibilità di uno solo di questi due viaggi, solo ad aprile del 2006, appariva come un miraggio, figuriamoci due! Viaggisogno irrealizzabili sia per l’impegno economico che comportano, ma anche perché, in fin dei conti, non ero mai andata così lontano da casa. Per il primo viaggio c’è stato il colpo di coda del rimborso delle tasse, mentre per questo ultimo, altro colpo e non di coda, che mi ha permesso di tornarci a poco meno di quattro mesi. Non cago soldi, come qualcuno sospetta. Solo coincidenze fortuite e molto gradite.
Viaggi, come oasi lontane che diventano acqua.
Sono di nuovo in volo per l’India. Incomincio a crederci: l’India è una malattia, ti entra sotto pelle e ti esce fuori quando le tue difese immunitarie sono insufficienti. Una sorta di Herpes hindix.

Il clima pre partenza è stato molto diverso da agosto. Sarà che la prima volta non si scorda mai, sarà che quest’estate ho raccolto tutta una serie di fortuite coincidenze che lanciavano l’India come un’insegna lampeggiante! Sarà che la seconda volta manca la sorpresa e l’emozione e lo stupore di chi non conosce a cosa va in contro. Sarà. Ma non è solo questo a creare questo stato d’animo che non mi fa dormire. Ci sono fattori esterni, nuovi, che mutano il mio modo di sentire. Indubbiamente.

È un ritorno, tanto per citare ancora Yehoshua, un vero Ritorno in India.

Cadrò sul sentimentale, in questo quarto di seggiolino di vetusto aereo moscovita che l’indiano accanto a me mi riserva.

Da questo agosto qualcosa nella mia vita è cambiato. Potrei dire che l’India ha contribuito, oppure semplicemente era arrivato il momento, non so. Comunque è accaduto. Qualcuno mi ha detto “ti sei ritrovata”, e fuori da ogni significato newage, potrei anche dargli ragione. Potrei dire che ho acquisito un po’ più di consapevolezza sui limiti e sulle capacità, sul valore e dell’inconsistenza. Più aperta al confronto e alla contaminazione, a conoscere, a scambiare qualcosa con gli altri, e anche se in parte ancora titubante, convinta che ogni esperienza può arricchire senza necessariamente indebolire.
Qualcuno ha recepito. Qualcuno ha intrapreso con me un gioco di specchi, cosa altro è la vita in fin dei conti...
Ragiono per immagini quando metabolizzo un concetto e l’immagine che mi viene alla mente è quella di una vecchia vignetta di topolino – della serie facciamoci del miele. Non so nemmeno se fatto vero o inventato. "La fioritura del deserto". Improvvisamente, dal niente, dalle rocce, annunciato solo da un sibilante vento che muove tristemente sterpi e rovi, arriva una pioggia forte e abbondante, generatrice. I fiori dei cactus sbocciano come in un’accelerata video con tanto di risucchio da cartoon, un precoce apice di bellezza e un lento godere compiaciuto di così tanti sgargianti colori. L’immagine di un amore improvviso e incommensurabilmente bello. La pioggia nel deserto è breve, e le piante, al primo sereno, tornano a mostrare ostili le loro spine. Con il sole alto e la temperatura costante, si riesce a guardare oltre i superficiali aculei e a prestare attenzione alla florida carnosità, alla succulenta capacità di sopravvivere al deserto fino al prossimo ritorno dell’acqua dal cielo. Unica indicazione, attenzione alle spine. Ma per ricordarsi questo, basta pungersi una volta.

Parto per questa nuova India con i polpastrelli doloranti.

post seguente>