È l’unico trattatista di architettura dell’antichità pervenuto fino a noi (fortunati posteri). Questo non significa che sia stato il solo – lui stesso cita nelle fonti trattatisti greci e romani che si sono occupati di architettura seppure in modo parziale o settoriale – la sua è tra le opere pervenute, l’unica con intenti sistematici. Lui stesso (con molta modestia) rivendica nel libro IV questo primato di sitematicità dell’argomento costruire. Il suo volume De Architectura libri decem (qui versione originale su google book), avrà notevole importanza e diverrà un punto di riferimento per tutti i trattatisti nel corso della storia successiva. Conoscerlo diventa fondamentale per comprendere gli avvenimenti successivi in campo di letteratura architettonica.
Della sua vita. Sulla sua persona si sa poco (non deve essersi fatto notare in opere grandiose). Deve essere nato nella zona di Formia, aver lavorato per l’esercito romano sotto Cesare per realizzare ponti ed infrastrutture militari (senza offesa, quale dei ns ingegneri è ricordato per aver lavorato all’anas se non per faccende di tribunale?). Sotto Ottaviano lavorò all’acquedotto della città di Roma (altra opera in cui avranno messo le mani in tanti). Ottenne una rendita per le sue prestazioni e si dedicò negli ultimi anni della sua vita, 33-14 a.c. - alla stesura del trattato. Non deve aver avuto una attività edificatoria intensa, gli è attribuita esclusivamente per la Basilica di Fano.
L’opera. De Architectura libri decem è composto da dieci libri, ognuno con prefazione. Non è chiaro l’ordine in cui sono stati redatti i volumi, ma è apertamente evidente che le prefazioni sono state scritte non a monte del testo ma successivamente, tant’è vero che hanno un vago rapporto con il contenuto del libro precedente, una sorta di riassunto del contenuto affrontato prima (modello telefilm).
Fondamentalmente vi si possono trovare tre ordini di informazione:
- sulla vita dell’autore,
- sulla fruizione del trattato
- architettura in generale
L’opera inizia con la dedica all’Imperatore Augusto, e per non essere tacciato di ruffianeria si appresta a precisare scopo del trattato: “riflettendovi te medesimo, potevi giudicare sul merito delle oper fatte innanzi e quelle che dappoi verranno effettuate”. L’intento è (non solo un modo per assicurarsi commesse, ma) di mettere nero su bianco regole, adoperabili da tutti, anche dai non tecnici, per poter valutare le opere fatte e da fare. Una sistemazione della scienza architettura.
Nel Libro I definisce, nel primo capitolo, la figura professionale dell’architetto come un uomo (maschilista) capace di “esperienza e raziocinio”, di “talento e dottrina”, “sappia di lettere” e “abbia disegno”. Quindi una figura professionale capace di doti pratiche ma anche intellettive con uno spettro ampie di conoscenze, dalla letteratura alla musica, dalla medicina alla matematica.
Nel secondo capitolo, che è poi il nucleo del trattato, affronta i concetti estetici fondamentali e le loro definizioni. Secondo Vitruvio l’architettura deve rispondere a tre categorie fondamentali:
1. Firmitas, statica/tecnica delle costruzioni
2. Utilitas, utilità/funzionalità
3. Venustas, bellezza.
Continua specificando quali sono i requisiti a cui deve corrispondere la Venustas, suddivisi in tre gruppi:
Ordinatio: l’ordine, il risultato delle proporzioni gestito con il modulo, un rapporto numerico non direttamente con la quantificazione in misura;
Disposizio, appropriata disposizione degli elementi nelle tre dimensioni dello spazio, iconografia cioè in pianta, ortografia, in alzato, scenografia in 3d;
Eurytmia, armonia delle parti rispetto al singolo e all’insieme
Symmetria, la proporzione delle parti, la corrispondenza delle parti all’insieme tramite il modulus;
Decor, decoro
Distributio, relazione alle capacità economiche.
Nel Libro II definisce quella che diverrà il mito dell’orgine dell’architettura, a cui faranno riferimento numerosi architetti dopo di lui. Individua nella capanna ligenea dell’uomo primitivo la prima costruzione, il primo riparo dalle calamità naturali. Costruzione in mimesi diretta con la natura. Rivendica il primato dell’architettura tra le arti.
Nel Libro III definisce il concetto di proporzione architettonica, come rapporto numerico. Ogni parte dell’opera è in proporzione con le altre parti e con l’insieme attraverso il modulo. La proporzione per Vitruvio non corrisponde al concetto contemporaneo di effetto dovuto all’applicazione di un modulo, quanto per lui è la commisurabilità stessa di tutte gli elemento dell’opera tra di loro e nell’insieme. Un discorso che applica anche per il corpo umano, introducendo il concetto di uomo vitruviano.
Nel Libro IV introduce il concetto di “genera”, quelli che diventeranno, solo con l’Alberti nel Rinascimento, gli ordini architettonici dei templi. Vitruvio fornisce relazioni tra corpo umano ed elementi dei templi, ma senza dare dimensioni esatte.
aggiornato il 24 ottobre 2007