02 febbraio 2007

UN FILO D'INDIA A SUD. Viaggio interminabile.

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23 dicembre 06
, Delhi, albergo da scordare.

Grande prova d’adattabilità la giornata di oggi! Sbarco a Mosca ad ora impropria, proprio quando ero riuscita a prendere sonno. Ci ha accolto Olga, unica hostess, che per altoparlante, cercava disperatamente una certa Nadia. Niente, povera Olga, doveva fare tutto lei, accoglierci uno ad uno dalla nostra lunga fila, spillare il biglietto alla carta di imbarco, chissà per quale motivo poi. La cosa ridicola era lo strumento con cui lo faceva, una pinzettatrice viola da bambini, dimensione 3 cm, nella quale entra pochissimi punti, per cui era costretta a fermarsi ogni 4 persone per rifornirla.
Sempre Olga apriva la porta dietro di lei, dove si erano fermati in sosta i passeggeri a cui lei, aveva spillato i biglietti, per farli entrare in aeroporto. Noi tra questi. Ancora sconosciuti.
Io ero con le amiche milanesi a sghignazzare della spillatrice e della fuga di Nadia.
Lo scalo di Mosca non é certo dei più felici. Negozi chiusi, in probabile apertura, forse. Capisco che sono le 4.00 ora locale, ma questi negozietti, li vogliamo aprire o no? ...per il diletto dei turisti?
È accaduto, dopo un caffè da cinque euro pagato con carta di credito da non so chi, parte il primo giro di shopping. Matrioska d’obbligo. E giro dopo giro, prendiamo atto che non esistono poltrone su cui svaccarsi. Bene, seguiamo il guru-esempio e ci buttiamo come barboni lungo il muro di un corridoio. Tento di resistere al sonno randagio, mi metto a leggere. Tondelli ti finisco! Niente, pur appassionandomi, verso le 6.00 del mattino crollo.
Mi sento un rapper americano diventato barbone, jeans, felpa con cappuccio, giaccone a mo’ di coperta e braccia conserte, con l’aria di chi morde se importunato. Mi sono sempre chiesta, vedendo turisti abbandonati lungo le strade, come si possa fare a ridursi così. Adesso lo so, smetterò di avere quel distacco snob.

Conciata così, devo metter proprio paura perché i miei compagni di veglia, l’Omonima e il Cheto con la Rossa torinese, mi lasciano dormire e vanno in cerca di cibo, sussurrandomi queste parole “andiamo a fare colazione, cappuccino e brioche, svegliati...”. Sèèè! Avrei voluto dirgli che cappuccino e brioche li avrebbero rivisti solo al Malpensa il 10 gennaio prossimi.

Lo stesso mio riguardo non l’ha avuto l’omino russo delle pulizie, svegliandomi con il suo bip bip bip circunavigandomi con la sua pulitrice. Bip bip! Le 9.00.

Quando alzo gli occhi causa bip bip, mi accorgo che non c’è più la famiglia indiana che bivaccava davanti a me. La bambina sui due anni, mi ha conciliato il sonno con i suoi rispettosi gridolini. In un primo momento è stato sveglio il padre e l’ha fatta giocare, anche se devo dire sempre in modo rispettoso per noi compagni di corridoio, in modo che si stancasse. La madre, bella in carne, dormiva, coricata su di una stuoia per non sporcare il suo splendido sari rosso-Valentino. È bellissimo il senso della famiglia che hanno gli indiani. I padri giocano spessissimo con i figli piccoli, c’è un contatto che in occidente sembra, a volte, diventato superfluo o peggio fastidio.
Nemmeno mezz’ora per rientrare nel mondo che i miei fedeli vengono a recuperarmi. Per ingannare il tempo fino all’imbarco, non c’è altro da fare che ispezionare i Duty free! Negozio, cesso, sigaretta. Non passa più! Comprare, comprare, è l’unica cosa da fare: stecca di Camel medium 16,00 euro, da non perdere, matrioske da tutti i costi e dimensioni, colbacchi… utili in India no?
Le 13.00 dell’imbarco non arrivano M A I!
Apre il check in, forse per farci passare il tempo, ci levano scarpe e cinture, quasi nudi passiamo nell’ala con, sorpresa… le poltroncine!!! Ohhhh!! Incominciavo a pensare di fare miliardi con il brevetto di questo comodo oggetto nell’Ex Urss! Da seduta comoda, riapro Tondelli e mi estraneo, arrivare in fondo al libro è diventata una sfida.
Personaggi e narrazioni sono avvincenti, ma le storie sono troppo forti, estreme direi. Mi impressionano molto, m’arrivano allo stomaco.

Arriva anche l’imbarco, se Shiva vuole! Aereo come il precedente, non proprio in ottimo stato, ma tutto sembra fungere, speriamo. Sono tra i miei compagni di viaggio, accanto alle belle milanesi. Mi incuriosiscono molto, ma adesso non ho voglia di intromettermi della loro affiatata conversazione. Proseguirò la mia lettura sulla provincia reggiana tra pessimo cibo del volo e spregiudicato sonno.

L’applauso dell’atterraggio sancisce l’arrivo: Delhi! Aspetto il pasoliniano Odore dell’India, quel rancido odore da drogheria d’altri tempi, tra lo stantio della muffa e il profumo delle spezie. Ma complice il clima di dicembre o l’anglosassone città - Delhi non è Bombay - io non ho sentito niente.
Cesso, immigrazione, cambio e cicca in bocca pronta per l’aria aperta.
L' umido, almeno quello ci sarà?
Il gendarme geneticamente selezionato, altissimo, inizia una sequela di improperi per farmi capire che non si può fumare al chiuso, indico che la sigaretta è spenta e che ho capito, ma lui continua, tacciandomi, come ho già imparato, da donnaccia occidentale fumatrice.

Aria aperta, umida e anche un po’ freddina. Ora capisco tutti quei paltò pesanti degli indiani. Darren, Il nostro agente all’Havana, ci aspetta, con il suo golfino da Ragionier Filini, ci porta all’autobus. I portatori iniziano a portarci le valige, iniziano a ricevere le nostre mance, un continuo che non smetterà più fino alla fine del viaggio.

Giungiamo qui, nel top del confort very hindy, Rblues Hotel, collocato sull’incompleta strada fuori dall’aeroporto. Sono le 24. Anche volendo lamentarsi, non ce né proprio la forza. La scena di accomodamento è stata bella, questa merita raccontarla.
Arriviamo, sbarchiamo dal bus, Massimo conversa con il receptionist e capiamo che non hanno stanze a sufficienza, non hanno bar o ristorante per farci cenare - si alle 24 e senza cena - e non hanno nemmeno il bar per la colazione domani mattina all’alba.
Risultato? Dormiamo in tre in un matrimoniale, io, l’Omonima e la Rossa. Disponiamo di una stanza di 2,5x2,5 mt, dove il letto vive solo addossato alla parete, quindi si sale o di fondo o da destra. Lo spazio vitale disponibile per contenere i nostri corpi in sosta e le valige da occidentali è 50 cm tra letto e muro e poco più tra letto e porta del bagno. Siamo in India no? L’arte di arrangiarsi è la prima cosa da mettere in valigia. E così é. Gli avevamo chiesto qualcosa da mangiare, ci hanno assicurato che ce lo avrebbero portano in camera ma dubito proprio. Ah… la doccia con il bricco, all’indiana, il getto alto della doccia butta solo freddo.

Buona notte India!

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